Il logo della Società BIOmaggiore
Non è la prima isola biologica in Valle, ma la prima esperienza che coinvolge un’intera comunità di paese intorno ad un progetto che si può definire storico per l’agricoltura non solo di Tuenetto, ma dell'intera Valle di Non. Il nome è mutuato dal sito minerario «Rio Maggiore» che ospita le celle ipogee sfruttate per la conservazione delle mele e il cui ingresso è situato nell’ambito territoriale di Tuenetto. La sostituzione della prima lettera del toponimo ha restituito così la denominazione BIOmaggiore scelta dagli ispiratori dell'impresa.
16 dicembre 2017 La firma dell'Atto costitutivo della società BIOmaggiore
Gli agricoltori di Tuenetto hanno lavorato per molti mesi e con grande passione per giungere all’obiettivo della costituzione della Società che ha coinvolto dapprima le aziende agricole operanti sull’estimo di Tuenetto e successivamente, con una paziente azione di promozione dell’idea, l’intera popolazione. Va detto subito che nel lungo persorso di attuazione del progetto, determinante è stato il sostegno del Consorzio «Melinda» che commercializza il prodotto biologico di Tuenetto. Decisivo inoltre l'assiduo confronto con le storiche esperienze di agricoltura biologica sia in valle (prima fra tutte con la vicina «Biolago» di Vervò) che fuori regione. Con l’Atto costitutivo della Società «Biomaggiore Società agricola semplice», il 16 dicembre 2017 davanti al Notaio dott. Francesco Dal Rì, i produttori agricoli di Tuenetto sottoscrivono l’impegno ad attuare sistemi di coltivazione di prodotti agricoli con il metodo biologico, privilegiando quelli tipici del territorio, salvaguardando con cura la qualità ambientale conservando e tutelando la biodiversità, proteggendo il patrimonio naturale e paesaggistico. Finalmente nel 2018 l’iniziativa è partita su 20 ettari interessando, in un unico blocco, diverse varietà di mele: Golden Dilicious, Gala, Red Delicious, Fuji e altre varietà resistenti collocate all’interno del paese e nella superficie circostante arrivando a lambire il bosco. Tuenetto e la sua campagna diventano a tutti gli effetti un'isola biologica, un modello territoriale di sviluppo rurale, di innovazione della pratica agricola con la partecipazione attiva di tutti i paesani. Coltivare con il metodo biologico in Valle di Non presenta forti difficoltà e due in particolare. La prima è la frammentazione delle aziende agricole che di fatto scoraggia la pratica del biologico in quanto molte di queste sono formate da particelle sparse e non in un unico appezzamento; la seconda difficoltà è rappresentata dall’impossibilità per la singola azienda di coniugare le due pratiche di coltivazione quella biologica con quella integrata. Ciò determina la necessità di creare delle società di produttori, indispensabili per poter costituire aree omogenee destinate alla coltivazione biologica che consentano di ridurre o eliminare completamente i problemi di deriva e offrire al consumatore una maggior salubrità del prodotto. Un’ulteriore complicazione è costituita dal fatto che queste aree non sono tutelate dal punto di vista giuridico. Queste in estrema sintesi le questioni più complicate che hanno affrontato i promotori dell’iniziativa “BIOmaggiore”. Il problema della frammentazione è tipico dell’agricoltura nazionale: in Italia ci sono più di un milione di proprietà agricole, destinate ai vari impieghi. In Francia sono 472 mila, in Germania 285 mila. E se nelle prime due potenze agricole europee la dimensione media di queste aziende copre 58 ettari, in Italia non si va oltre i 12, praticamente un quinto di quelle francesi e tedesche. Questo fatto rende estremamente più difficile la conversione a metodi di coltivazione biologici. Ne sanno qualcosa i fondatori della BIOmaggiore la quale è composta da 26 soci su una superficie di circa 20 ettari. Cosa vuol dire «biologico»
La pratica del «frappage» consiste nello scuotere la pianta per monitorare la presenza di eventuali insetti nocivi
Cosa vuol dire praticare un metodo definito «agricoltura biologica»? Biologico deriva dal greco “bios” che significa “vita”, perché fare produzione biologica vuol dire favorire, promuovere, rispettare, garantire ogni forma di VITA. L’agricoltura biologica sfrutta la naturale fertilità del terreno favorendola con interventi limitati, promuove la biodiversità dell’ambiente valorizzando la presenza del bosco, delle piante spontanee sia arboree, sia arbustive, sia erbacee. Il metodo biologico valorizza tutti gli aspetti agronomici che aiutano la pianta ad essere meno sensibile all’attacco dei patogeni, ricorre, se possibile, alle consociazioni ed alle rotazioni, esclude l’utilizzo di prodotti chimici di sintesi e di OGM (organismi geneticamente modificati). Quando la pianta abbisogna di aiuto si ricorre, se giustificato, all’uso di sostanze di origine organica e naturale e, fin quando e dove sia possibile, va sempre preferita la «lotta biologica». Innumerevoli sono gli esempi di lotta biologica che vanno però conosciuti, applicati e controllati. Produrre con il metodo biologico non vuol dire perciò “fare niente e prendere ciò che viene” ma vuol dire “coltivare con rispetto, con la testa, con preparazione, con supporto…”. Il produrre con il metodo biologico è regolato da una legge europea pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 23.10.2018. Terreno, clima, ambiente, mano del produttore, convergono in un unico risultato: “produrre alimenti di elevata qualità nutritiva in quantità sufficiente” garantendo all’agricoltore di poter vivere del proprio lavoro. Produrre biologicamente è difficile, salvaguardare la fertilità del terreno è un impegno, ridurre tutte le forme di inquinamento è un dovere sociale, ma anche personale, salvaguardare l’ambiente è un investimento sul futuro, ma praticarlo rende felici e dona soddisfazione. Il frutteto pedonabile
A Tuenetto nella cornice dell'isola biologica, è stato realizzato un frutteto pedonabile, ossia un metodo di allevamento delle piante da frutto a parete stretta. Questo sistema di coltivazione dà parecchi vantaggi all’agricoltore e rappresenta il futuro della frutticoltura moderna. In particolare in montagna, dove per ciò stesso le piante vegetano di meno, la realizzazione di questo tipo di frutteti è sicuramente consigliata. Con una riduzione dell’altezza della pianta, che può sembrare così meno produttiva, si ha la stessa resa della pianta più alta in quanto la fruttificazione avviene in maniera più omogenea in tutte le parti dell’albero. L’altezza ideale non esiste, ma si può affermare che il range tra 2,5 e 3,0 metri può considerarsi ottimale. Il frutteto pedonabile ha tra le sue prerogative quella della decisa riduzione della chimica, ma anche la diminuzione dei costi della manodopera, e in quanto gestibile senza scale e carri garantisce un'elevato standard di sicurezza. In genere il frutteto pedonabile prevede l’utilizzo di reti multifunzionali che, oltre a assicurare la protezione dalla grandine, svolge la funzione di barriera agli insetti più grossi e inoltre è dimostrato che riduce la carica dei frutti. In sintesi il frutteto pedonabile offre all’agricoltore la possibilità di svolgere le operazioni colturali più comodamente, è quasi del tutto gestibile da terra, abbisogna di minori interventi con fitoregolatori chimici ed è più sicuro, tutto ciò lo rende assolutamente compatibile con il metodo di produzione biologico.
Non più pali di cemento, ma in legno per il «campo pedonabile»
Il frutteto pedonabile: le piante vengono posizionate obliquamente
Per arricchire il terreno si semina la senape
La varietà resistente Galant nel frutteto pedonabile
Anno 2023
Anno 2023
La vespa samurai contro la cimice asiatica
La vespa samurai (Trissolcus japonicus) è un imenottero parassitoide che è principalmente noto come antagonista naturale della cimice asiatica (Halyomorpha halys). Nel suo ambiente naturale, la vespa può distruggere dal 60 al 90% delle uova della cimice asiatica, insetto estremamente infestante e onnivoro, capace di guastare frutti e ortaggi condizionando le produzioni agricole. In Italia questo fitofago colpisce e danneggia tantissime coltivazioni, in primis pereti e meleti. Nella stagione 2020 è stata avviata la sperimentazione delle vespe samurai introducendole in alcune aree del Trentino-Alto Adige e in Valtellina, per valutare la loro capacità di contrasto della cimice asiatica; in caso di esito positivo, la vespa samurai potrebbe essere introdotta in tutto il territorio italiano. L'isola biologica di Tuenetto è stata scelta per le prime sperimentazioni: giovedì 2 luglio 2020 ad ore 10,30 è stato messo in pratica il primo lancio di cento individui di vespa samurai in località Campilonghi. Il progetto prevede altri due lanci durante l’estate per un totale di 300 individui rilasciati. Guarda il videoclip di Ezio Melchiori: le uova stanno per dischiudersi e ventotto nuove "cimicine" stanno per spiccare il primo volo
Giugno 2020: Neanidi della cimice asiatica a Tuenetto (Foto Melchiori Ezio)
La vespa samurai antagonista naturale della cimice asiatica
La temibile cimice asiatica molto presente nell'isola biologica di Tuenetto
2 luglio 2020 - Il primo lancio della vespa samurai ai «ciampilongi».
2 luglio 2020: operazioni di rilascio della vespa samurai
L'Adige del 28 luglio 2019
Nel 2021 un comitato presieduto da Fabio Giuliani, storico ambientalista rotaliano, ha promosso un referendum per l’istituzione del distretto biologico in provincia di Trento. Nell’intendimento dei proponenti della consultazione diretta c’è il cambiamento dello stato delle cose, ma senza nessuna forma d’obbligo o costrizione per gli agricoltori. Il distretto rappresenterebbe uno strumento chiave per incentivare l’economia locale come bene comune, diventando al contempo un alleato essenziale per l’equilibrio del processo alimentare e di conseguenza per la salute. In altre parole un modello di sviluppo socio-economico più sostenibile per il Trentino. Una collaborazione fra i produttori, i consumatori, le istituzioni e gli operatori turistici, partendo dal patrimonio naturalistico, il bio-distretto potrebbe avere un enorme valore da un punto di vista del marketing territoriale. Purtroppo il referendum non ha raggiunto il quorum richiesto del 40% fermandosi al 15,58%. Una delusione per i promotori e forse un’occasione persa per la comunità trentina.