La Paravinil

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Il Castello di Mollaro con annessa ex filanda prima sede della Paravinil

L’imponente caseggiato che sorge a sud dell’abitato di Mollaro sul ciglio del ripido pendio che digrada nella valle verso Dardine, dall’inizio del XVIII secolo era dimora della nobile famiglia Conci. Comunemente è chiamato Castello di Mollaro ed è qui che a partire dal 1942 si insediò una importante industria per la fabbricazione di articoli in gomma e plastica: la Paravinil.
L’attività fu avviata da Federico Werner un uomo dall’aspetto imponente di origini svizzere, del quale si hanno pochissime informazioni. Di certo si sa che nel 1939 acquistò a Dardine un terreno con annessa abitazione, denominato maso Tosca, ove risiedeva. Tra il 1942 e il 1943 il Werner perfezionò l’acquisto del Castello di Mollaro che nel frattempo la famiglia Conci aveva ceduto ai signori Lorenzoni Flavio e Banal Damiano.
L’intento dell’imprenditore svizzero era quello di installarvi le officine e i vari reparti della Paravinil, un proposito più o meno definito che aveva in mente già dalla metà degli anni ’30.
Il 25 maggio 1945, in base al contratto di compravendita stipulato il 6 settembre 1944 s’intavolò il diritto di proprietà del castello di Mollaro a nome della Paravinil, Società a responsabilità limitata con sede principale in Milano e secondaria a Mollaro. Proprietario dell’azienda risultava il Werner e a dirigere la produzione un certo dottor Beretta del quale s’è persa ormai ogni memoria nei rari testimoni dell’epoca.
Si racconta che il Werner fece entrare di nascosto dall’Austria i brevetti riguardanti l’attività che si accingeva ad iniziare.
In quegli anni di guerra la fabbrica produceva articoli in gomma materiale ritenuto strategico per l’economia bellica che aveva l’esigenza di trovare sostituti ai prodotti naturali non reperibili. Per questo motivo la Paravinil fu dichiarata fabbrica militarizzata che diede lavoro a molti operai e tecnici chimici i quali erano dispensati dal servizio militare. All'epoca del conflitto mondiale l’azienda godette di una discreta prosperità. Tuttavia, la situazione di caos creatasi al termine della guerra, originò per l’azienda un periodo di crisi. I tecnici che avevano trovato nella Paravinil un posto di lavoro che li teneva lontani dal fronte e tornarono alle loro case. La produzione accusò una forte contrazione. Nel 1946 inoltre, morì Federico Werner e di conseguenza l’attività produttiva della Paravinil si fermò. Alcuni affermano che Federico Werner si sia dato la morte per le sue compromissioni con lo sconfitto esercito tedesco, ma su questa circostanza, non si ha alcuna conferma.

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Sofia Poli e Federico Werner iniziatore della Paravinil

Nel frattempo il signor Tarter Anselmo, che era entrato in Paravinil come operaio nel 1943 ed era stato valente collaboratore del dottor Beretta, negli anni della crisi s’era messo in proprio e aveva avviato con la sorella Rita una produzione di palloni in gomma negli avvolti della sua casa a Dardine.
Aveva costruito con le sue mani le macchine per la produzione di sfere che venivano trasportate con un piccolo motocarro fino alla stazione ferroviaria di Mezzocorona dove erano caricate sul treno e distribuite in Italia.
La fabbricazione e la distribuzione dei prodotti era tuttavia molto ridotta e il Tarter era alla ricerca di finanziatori per la sua attività che in sostanza era poco più che artigianale.
La svolta avvenne nel 1952 quando Paolo Sieber acquisì il diritto di proprietà della fabbrica e offrì a Tarter Anselmo la direzione tecnica dello stabilimento (ufficio che mantenne fino alla chiusura della fabbrica) e insieme diedero nuovo impulso all’azienda. Alcune testimonianze riportano che sulle prime il Sieber aveva individuato un sito per la realizzazione dello stabilimento a Romeno, ma l’acquisto del terreno non andò a buon fine e si optò allora per rimanere presso il Catello di Mollaro.

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Paolo Sieber

Il complesso industriale si componeva del magazzino, il reparto di produzione, l’officina meccanica con una sezione saldatrici, la falegnameria, la centrale elettrica con il trasformatore. I macchinari, disegnati dal Tarter stesso, furono costruiti presso le Officine Meccaniche Lenzi di Trento e gli operai meccanici Amrain Erminio e Menapace Abramo li assemblarono nell’officina allestita presso l’azienda.
Gli uffici amministrativi erano coordinati dal dottor Tomasi col quale collaboravano alcune impiegate tra le quali Sofia Poli di Sfruz che, da segretaria personale di Federico Werner, rimase in servizio alla Paravinil fino alla sua chiusura.

La Paravinil produceva soprattutto palloni e guanti di gomma, che venivano portati a Trento e distribuiti dalla Colombo Sport su tutto il territorio nazionale e una parte anche all’estero. Oltre a questi articoli realizzava succhiotti, guanti e ditali in gomma, mantelline plasticate, altri articoli in plastica e una minima produzione, presto interrotta, di copertoni per biciclette. Tra l’altro fabbricava profilattici guadagnandosi per questo la scomunica da parte dell’allora parroco di Mollaro Monsignor Vigilio Parteli; l’interdizione era estesa anche alle numerose ragazze che erano impiegate presso la Paravinil e che in conseguenza di ciò, non potevano andare a Messa. All'epoca erano impiegate diverse maestranze soprattutto donne (circa 20/30 unità).
Per il decennio degli anni '50 la produzione prosegue florida. Si fabbricavano fino a 2000 palle al giorno oltre agli altri articoli in gomma e plastica. Il pallone Paravinil era famoso in tutta Italia.

Lo scrittore napoletano Erri de Luca così scrive ne Il giorno prima della felicità, pubblicato per Feltrinelli nel 2011: «Andò così la prima volta che salii al balcone. Dal finestrino a piano terra del cortile dove abitavo, il pomeriggio guardavo il gioco dei più grandi. Il pallone calciato male schizzò in alto e finì sul terrazzino di quel primo piano. Era perduto, un superflex paravinil un po’ sgonfio per l’uso.»

Nel 1962 morì Paolo Sieber e l’azienda passò alla figlia Margherita, moglie di Guglielmo Bazoli. Fu l’anno in cui partirono i lavori di costruzione del nuovo capannone in località alla Pausa. La storica sede presso il Castello di Mollaro venne dunque abbandonata per prendere posto nel nuovo fabbricato più adatto alle esigenze di una moderna fabbrica.
Ma i segnali di un graduale declino dell’azienda si erano tuttavia già fatti sentire. Il 1 settembre 1966 in base al verbale di assemblea straordinaria del 30 giugno 1966 si procedette alla modifica della denominazione del proprietario che diventò «Paravinil Paolo Sieber di Guglielmo Bazoli & C. società in accomandita semplice» con sede in Milano.
Solo due anni dopo il 20 dicembre 1968, il Tribunale con la sentenza del 5 novembre 1968 dichiarò il fallimento della Società «Paravinil Paolo Sieber di Guglielmo Bazoli & C.»
La Paravinil di Mollaro cessò definitivamente di esistere nel 1970; lo stabilimento venne ceduto alla «Lange SpA» un’azienda che produceva scarponi da sci.

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Ritrovo conviviale per dirigenti e operai della Paravinil

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La Lange
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La «valanga azzurra»

Robert “Bob” Lange provetto sciatore fondò nel 1961 un’azienda per la produzione di scarponi da sci in plastica. Alla fine del 1962 DuPont, la multinazionale della chimica, fornì una nuova plastica poliuretanica colabile nota come Adiprene. Fu così che Lange piazzò per primo sul mercato mondiale gli scarponi da sci in plastica. Nel 1965 mise in produzione un modello notevolmente migliorato destinato alle gare. Quando nel 1969 rilevò lo stabilimento della ex Paravinil a Mollaro, i modelli Lange erano quasi universali sui circuiti da corsa e vendevano centinaia di migliaia di esemplari come marchio leader mondiale di scarponi da sci.
Un nuovo materiale inventato dall'azienda americana Dow Chemical fece evolvere ulteriormente lo scarpone da sci: si trattava di una nuova plastica che conservava una consistenza simile allo stucco a qualsiasi temperatura e veniva usata per realizzare scarponi con uno strato di questo materiale inserito tra un normale scarpone di fibra di vetro. Il materiale si adattava così naturalmente al piede di chi lo calzava.
Per tutti gli anni settanta la Lange fu incontrastata azienda leader nel settore delle calzature per lo sci. Sono gli anni di Gustav Thoeni, Piero Gros, Erwin Stricker, Helmuth Schmalzl e Tino Pietrogiovanna, atleti fuoriclasse delle discipline di discesa con gli sci e tutti calzavano gli scarponi Lange.

Il 7 gennaio del 1974 questi forti sciatori furono i primi cinque classificati nella gara di Coppa del mondo di slalom sulle Alpi bavaresi e che valse loro l’epiteto di Valanga azzurra; per non dire delle campionesse Giustina Demetz, Claudia Giordani e Monica Kaserer.

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Comincia la crisi

L’azienda a Mollaro contava 210 dipendenti tra operai e impiegati e nel primo anno di attività da quello stabilimento uscì il primo scarpone da sci appositamente studiato per le gare.
Altri grandi campioni si affidarono alla tecnologia della fabbrica di Mollaro, Phil Mahre nel 1987 per la terza volta campione del mondo con il mitico scarpone Lange XL-R arancione, Marc Girardelli altro campione del mondo nel 1986 e devono ancora arrivare Alberto Tomba e Herman Maier campionissimi negli anni ’90.

A metà degli anni ottanta, dopo poco più di un decennio di grandi soddisfazioni, la Lange incontrò qualche difficoltà dovuta alla volontà di acquisire il marchio della concorrente Caber con sede a Montebelluna. Per l’industria di Mollaro si teme la chiusura: Montebelluna è infatti la capitale del distretto della calzatura sportiva a livello mondiale. In quegli anni si mobilitarono tutte le istituzioni per salvare la Lange di Mollaro a partire dal comune di Taio che si fece promotore di una mozione che il sindaco Gino Perenthaler consegnò di persona al presidente della Giunta Provinciale di allora Pierluigi Angeli minacciando di fare un’azione di protesta nel caso non si fosse avuta risposta. A salvare questa preoccupante situazione si inserì l’effetto Tomba l’ineguagliabile campione italiano dello sci nei primi anni ’90 che contribuì a rafforzare lo stabilimento di Mollaro. Nell’ottobre del 1989 Alberto Tomba con Marc Girardelli festeggiò il ventennale dello stabilimento di Mollaro con una visita di persona.

Tuttavia la mancanza di campioni del calibro di Thoeni, Tomba, Demetz e gli altri che funzionavano da traino per lo sport dello sci, la ormai cronica scarsità di neve sulle Alpi, la concorrenza sempre più agguerrita mandarono in crisi la Lange che dopo varie peripezie e un paio di cambi di proprietà cessò la produzione a Mollaro per trasferirla a Montebelluna e in Romania. Con il primo di gennaio del 2007 dopo 38 anni di presenza a Mollaro la Lange chiuse i battenti. L’immobile fu acquistato dalla Provincia di Trento che lo cedette a luglio del 2007 alla Trafileria Punteria Ghezzi un’azienda di Tuenno che dà lavoro attualmente a circa 50 persone. La Ghezzi iniziò la produzione il 1° settembre dello stesso anno: non più scarponi da sci, ma una svariata quantità di chiodi e sistemi di fissaggio che esporta in tutto il mondo.

Nel 2023 a seguito della decisione di Ghezzi di trasferirsi nel suo stabilimento di Tuenno, si perfezionò l'acquisizione da parte di TAMA dell'intero complesso industriale della ex-Lange scrivendo così un altro capitolo della storia industriale di Mollaro.


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Volantini pubblicitari della Lange

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Il famoso modello XL-R arancione

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