La chiesa di san Rocco

Cenni storici
Non è possibile datare con sicurezza la costruzione della chiesa di Tuenetto dedicata a San Rocco. Il verbale della visita pastorale compiuta nel 1537 al tempo del Cardinale Bernardo Clesio, non fa alcuna menzione di una chiesa posta nel paese, nel mentre invece dà un dettagliato elenco degli edifici di culto esistenti nella Pieve di Torra. Ciò porterebbe ad individuare per la costruzione una data successiva al 1500, ma l'Arciprete Pietro de Tomasi che guidò la Pieve dal 1750 al 1783, anno della sua morte, specifica che “...dal pubblico si crede che la chiesa in questa villa sia stata da tempo antico, ed avanti molti secoli, ciò che può essere per la struttura medesima”.
A conferma dell’antichità vi è la dedicazione a San Rocco, tale santo, invocato come protettore contro la peste, incominciò ad essere venerato nelle nostre vallate a partire dal 1400 ed è proprio di questo periodo la peste che distrusse interamente il villaggio di Malgolo (di Torra) e lo stesso Tuenetto.

Negli atti visitali del 1913, al tempo del vescovo Celestino Endrici, si ipotizza l'edificazione della chiesa di Tuenetto nel 1579 e, seppure del tutto verosimile, non è dato di sapere su quali informazioni sia basata questa notizia.
Finora - come detto - non è stato possibile determinare una datazione più precisa.

Il campanile fu costruito del 1742 e precedentemente v'erano due campane piciole poste in cima alla facciata della chiesa. L’edificio è rivolto verso oriente e si trova in disparte dall’abitato ed è, in modo originale, mistica e semplice. Ha una finestra rotonda sopra la porta, in alto una nicchia che custodisce la statua di san Rocco titolare della chiesa.

La nicchia fu eseguita intorno agli anni ’20 del '900 su iniziativa del già citato don Emanuele Melchiori benefattore della chiesa. I vecchi del paese raccontavano che la statua di san Rocco fosse scolpita nel "marmo marino", una pietra che ha come caratteristica il colore bianco con striature verdastre non corrispondente al grigio scuro della nostra scultura. Più verosimilmente, la statua fu eseguita con la tecnica del "marmorino" (tipo di stucco preparato impastando calce con polvere di marmo) da qui l'equivoco.


Il tetto ha due spioventi molto inclinati coperti di scandole di larice.
Il paese di Tuenetto e la sua chiesa furono uniti alla parrocchia di Torra fino al 1975 e non ebbe mai un sacerdote fisso, alcune volte all’anno vi veniva a celebrare il parroco o il suo cappellano.

Da quell'anno la Chiesa di Tuenetto è parte della Parrocchia di Mollaro.
In forza della Costituzione dell'Arcivescovo don Lauro Tisi del 19 maggio 2024, oggi le parrocchie di S. Marcello in Dardine, S. Giustina in Dermulo, S. Marco in Mollaro, S. Michele arcangelo in Priò, Natività di Maria in Segno, S. Vittore in Taio, S. Eusebio in Torra, s. Agnese in Tres e S. Martino in Vervò fanno parte dell' Unione Pastorale «Regina Pacis» di Predaia.

I lavori di ristrutturazione
Importanti opere di miglioria, pena l'interdizione vescovile a celebrarvi le sacre funzioni, furono attuate nel 1765 con l'aggiunta del coro come è documentato nell'inventario del 1774.

Dall'Inventario e Urbario del 1774:
Per altro addì 23 maggio 1764 come appare nella parte II delle scritture canonicali folio 565 si stabilì d’aggiungere alla divisata chiesa, che pria era quadra, il coro per ridurla in miglior forma, mercechè per l’avanti era così miserabile, e difforme a segno tale, che la sacra visita che fu qui lì 22 luglio 1649 come appare da decreto della medema registrato nella parte I delle scritture canonicali folio 206 dovete risolversi di minacciar l’interdetto se non veniva quanto prima fabricata e rimodernata onde alla fin fine sotto lì 15 decembre 1764 si fece l’accordo con maestro muraro Sisinnio Rossi di Pian Pieve di Sanzeno acciò faccia tall’opera, e così sotto dei 22 aprile 1765 il precitato Rossi diede principio alla fabrica come appare al citato folio 206. Avendo Giacomo Antonio Melchiori dato il bisognevole sito per il divisato coro, come veder si può pagina 74 del libro de conti.


Bisogna poi arrivare al 1912 per registrare ulteriori lavori di rinnovamento della chiesa. Su iniziativa di don Emanuele Melchiori, all'epoca amministratore della Mensa vescovile a Trento, venne aggiunta la sagrestia ed eseguita dal pittore Primo Panciroli la decorazione pittorica (1913).

In tempi a noi più vicini, verso la seconda metà degli anni ottanta del '900, grazie allo zelo di don Adelio Frasnelli fu fatto l’adattamento alle norme liturgiche del Concilio Vaticano II, in particolare con la realizzazione di una nuova mensa ricavata dalle balaustre asportate dalla chiesa di Segno.

Furono inoltre eseguiti altri lavori di conservazione dell'edificio. I più importanti riguardarono la realizzazione di un fosso perimetrale con l'intento di attenuare i danni dell'umidità; in aggiunta, restauri agli affreschi sulle pareti a settentrione fortemente deteriorati.

Nel 2001 furono eseguiti rilevanti interventi di conservazione della chiesa che presentava gli annosi e gravi problemi di umidità di risalita sia interni che esterni. All'interno l’umidore minacciava addirittura di deteriorare i banchi; sulla facciata nord, a causa alle infiltrazioni d’acqua dal compluvio contro il campanile, la disgregazione del dipinto di san Giuseppe col Bambino era in uno stato avanzatissimo; si cercò di risolvere il problema, ma purtroppo senza ottenere apprezzabili benefici.
Oltre a questi interventi si sostituirono le scandole del manto di copertura del tetto e si realizzarono nuovi canali di gronda.
Purtroppo la vetustà della chiesa non consentì di intervenire con opere di risanamento risolutive e i problemi di umidità persistono ancora.

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La chiesa negli anni '20

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La chiesa negli anni '60

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La pianta della chiesa

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Veduta da nord

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Frontespizio dell'inventario rilevato dall'Arciprete don Pietro Tomasi nel 1774

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Padre Giovanni Dalpiaz curò il riordino dell'archivio di Torra

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L'Archivio parrocchiale di Torra (ora conservato al Vigilianum a Trento)

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Gli stemmi della nobile famiglia de Micheli di Vion

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El ciampanon la campana grande di Tuenetto

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L'altare prima dei furti

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Il portale in pietra bianca locale

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Vecchio calice nella sacristia

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Pisside ottocentesca

L'inventario del 1774

È qui doveroso ricordare che l'archivio della Pieve di Torra che, fino alla prima metà del secolo scorso si accrebbe e mantenne sostanzialmente il suo assetto, con il passaggio della cura pastorale da Torra a Segno, alla fine degli anni '60, rischiò l’irrimediabile dispersione della documentazione. Con la ripresa della cura d’anime di Torra da parte di una comunità benedettina (Camaldolesi) nel 1982, l’archivio fu riordinato e regestato rendendolo centro della memoria storica per la popolazione pievana. Il complicato lavoro di classificazione fu assunto dal benemerito monaco Giovanni Dal Piaz al quale si deve sincera gratitudine.

L'intero archivio documentale e altri libri dell'Antica Pieve di Torra, a causa della inidoneità dei locali della canonica in cui erano custoditi, sono ora depositati presso la Biblioteca diocesana Vigilianum a Trento.


Documento fondamentale per la storia della Chiesa di San Rocco a Tuenetto è il dettagliatissimo inventario compilato nel 1774 dall’allora Arciprete di Torra Pietro de Tomasi che resse la Pieve dal 1750 al 1783 anno della sua morte.
Si deve all’intelligenza di questo sacerdote, originario di Tesero, la collezione rilegata in 13 volumi (Scritture canonicali) comprendente copie di inventari, decreti vescovili, documentazioni di liti e controversie, disposizioni testamentarie, annotazioni di vita quotidiana riguardanti il territorio della Pieve di Torra.
Della grande mole di documenti custoditi nella raccolta fa parte anche un Inventario del 1751 che riguarda la chiesa di Tuenetto, compilato anch'esso per disposizione dell'Arciprete de Tomasi quando era agli inizi del suo apostolato e tuttavia questo documento, a parte i dati di prammatica e qualche piccola conferma sullo stato dell’edificio sacro, è povero di informazioni.

Si scrive infatti nell'introdurre il nuovo Inventario del 1774 che presentiamo di seguito:
Avendo considerato il Molt'Illustre e Reverendissimo Signor Abbate Pietro de Thomasis Arciprete di questa Antica Pieve ed Arcipretura di Torri che l'urbario ultimamente fatto per questa chiesa filiale di San Rocco di Tuenetto per mano del Signor Alfonso Baldassarre Bergamo sotto li 27 maggio 1751 collocato nell'Archivio di questa chiesa sotto il n°. 1 Libero B e registrato anche nella Parte IV delle Scritture canonicali folio 87, era assai manco per cagione che allora non si ebberon tutte le notizie che dopo solo furono osservate, e per causa massima di molte mutazioni che seguirono dopo quel tempo prencipalmente intorno alla fabrica della chiesa»


Dunque il documento di gran lunga più completo per la nostra storia è l'Inventario e Urbario del 1774. In esso è descritta in modo completo la Chiesa nel XVIII secolo sia per quanto riguarda la sua struttura - compresa quella del campanile e del cimitero - sia le suppellettili, gli accessori liturgici, i beni stabili, gli affitti ed infine gli aggravi.
L’atto è certificato dal notaio Giovanni Pietro de Mediis di Mollaro, abitante in Taio, alla presenza dei testimoni Giovanni Paternoster e Romedio di Melchior Melchiori. Oltre a questi due testimoni furono chiamati a presenziare il «Sindico di questa venerabile Chiesa figliale Lorenzo di Giovanni Melchiori, Lorenzo del fu Girolamo Melchiori, Girolamo del fu Girolamo Melchiori, Melchior de fu Melchior Melchiori» tutti di Tuenetto, con ogni probabilità capi famiglia.
A rilevare le misure dei fondi e a piantare i termini ove mancavano, l’Arciprete si avvalse del perito e giurato agrimensore Giacomo Gallo di Vion.

Nel Capo I si descrive la chiesa dedicata a san Rocco Confessore che si trova in luogo detto «a san Rocco». La chiesa è edificata in muratura con il manto di copertura a scandole di larice nella parte del presbiterio e d’assi per il restante. Sulla facciata è descritto un dipinto raffigurante la Beata Vergine col Bambino tra due stemmi di famiglia che però don de Tomasi non sa attribuire. Si scoprirà in seguito appartenenti alla famiglia de Michelis di Vion.

Vedi la questione delle arme della famiglia Micheli di Vion

Proseguendo nella lettura si scopre che la sacra Visita del 22 luglio 1649 ai tempi di Carlo Emanuele Madruzzo, minacciò di interdire la chiesa se non fosse stata restaurata. La chiesa era soltanto benedetta e non consacrata. Nonostante le raccomandazioni vescovili, si provvide a rinnovare la chiesa solo più di cent’anni dopo, nel 1764 con l’aggiunta del coro, lavori eseguiti dal «maestro muraro Sisinnio Rossi» di Piano di Sanzeno. Dovendo abbattere il muro a est per aggiungere il presbiterio, si annotò pro memoria, che su esso v’era dipinto un san Rocco con lo stemma vecchio dei Conti Thunn.
La chiesa aveva le finestre che si vedono ancora oggi. Il pavimento era di pietra e così pure il portale d’ingresso e fu fatto, sempre di pietra, un nuovo vaso per l’acqua santa. L’altare di legno era stato «incolorito» da Giovanni Battista Costanzi nel 1715. L’altare di allora aveva un pala raffigurante San Rocco titolare della chiesa con San Fabiano, in alto la Madonna col Bambino. Alla base della pala era dipinta un’arma che si scoprirà appartenere alla medesima famiglia de Michelis di Vion. La cappella aveva un campaniletto in cima alla facciata coperto d’assi costruito nel 1742 con due campane; la più grande fusa nel medesimo anno in Sarnonico da Pietro Soleti, la più piccola era quella antica della chiesa, ma non si seppe attribuirne la data di fusione.
Il cimitero era tutt’intorno alla chiesa e recintato da un muro che meritava d’esser restaurato; aveva un cancello in ferro fatto nel 1753, in precedenza ne aveva uno in legno. Per ultimo in questa descrizione si trattò dell’antichità della chiesa: a questo proposito don de Tomasi non seppe stabilire quanto fosse antica, anche perché mancavano le scritture andate distrutte, ma che ora si conservavano in «una cassetina con due chiavi che servir deve d’archivio; una delle qual chiavi resta in mano del Signor Arciprete, e l’altra del Sindico come stà ordinato da decreto visitale. Per altro dal publico si crede, che la chiesa in questa villa sia stata da antico tempo ed avanti molti secoli, ciò che può essere per la struttura della medema, e per le arme antiche sopra enunziate che ne pur ora si conoscono».
L'inventario della chiesa specifica anche che il Vescovo e Principe Cristofforo Sizzo, che visitò di persona la diocesi, concesse 40 giorni d’indulgenza a tutti coloro che avessero visitato la chiesa il giorno del patrono san Rocco, tutte le feste di Maria Santissima e il secondo giorno delle rogazioni. L’indulgenza durava però sette anni, pertanto, suggeriva don de Tomasi, «de septenio in septenio convien riccorrere».

Nel Capo II dove si annotano i beni mobili sono elencate tutte le suppellettili della chiesa. Tra queste spiccano un calice colla coppa d’argento e il piede di rame dorato, una patena d’argento fatta nel 1750 e un crocifisso con sacro convivio; una croce per le processioni che si facevano per la dottrina in parrocchia a Torra. Si descrisse nei minimi particolari il corredo sacro sia nelle quantità che nello stato: amitti, camici, pianete, corporali, palle, purificatori, «sugamani», tovaglie, cuscini. Un secchiello di rame per l’acqua santa con relativo aspersorio, un messale per la messa dei defunti e uno per le altre messe, un campanello del Sanctus, due candelieri d’ottone.
È interessante notare che tra i beni descritti v’è una tavoletta delle messe che doveva perpetuamente celebrare il canonico di Torra e l’ordine che dovevano osservare quelli di Tuenetto nelle 40 ore che si fanno in Parrocchia; inoltre un’altra tavoletta con l’indulgenza sopra descritta.
Ancora la chiesa possedeva un banco nel presbiterio, una cassetta per le scritture fatta qualche tempo prima come detto, una panca per collocarvi sopra i cadaveri dei fanciulli. Alla chiesa apparteneva pure un «confolone» che si conservava però nella parrocchiale e che era in cattivo stato.

Nel Capo III furono elencati tutti i beni stabili: un campo ai Campi longhi, un’arativa sempre ai Campi longhi, un’arativa in «loco detto de sora dalle case». Rilevata la misura dal perito Gallo, fu specificato che essa comprendeva «i argali, cese, o sia cespugli se ve ne sono nei campi e trà i termini, come non meno la mettà delle strade consortali, quali strade però non si possono levare, ma convien lasciarle per li consorti, e per quelli, che hanno jus di passare».

Furono ben determinate le misure di superficie e tuttavia non è stato possibile, per ignoranza nostra, tradurle in unità di misura attuali.


Comunque la specificazione dice: «Per altro per fare un staro di semenza in questo distretto di Tuenet ci vogliono varghi n. 600 da quarte 6 ogni vargo, e la quarta ha ed aver deve la l’ungheza descritta nell’urbario della venerabile chiesa di Molar de miei Rogiti, come fu anche osservato nell’urbario della chiesa di Vion in questa mattina da me publicato, ed al quale».

Il Capo IV descrivono gli affitti che la chiesa di san Rocco riscuoteva sopra vari fondi arativi e vignati: alle «Toniette», «ai res». Una rendita proveniente dalla vendita di un gaggio «ai gregiotti» che rendeva poco; la chiesa di Tuenetto possedeva un arativo a Mollaro in località «Lovara». La chiesa aveva in essere contratti agrari (livelli) nelle pertinenze di Tuenetto in località «a lava». Inoltre «Questa chiesa poi ha ragione di certa porzione di [***] montane come da carta di regola seguita in rogiti del signor Pietro Paniza Notaio di Taio sotto li 14 gennaio 1656 soscrita ed approvata dall’Illustrissimo Signor Giuseppe Gio Antonio Conte di Thunn dinasta giurisdicente alla quale».

Nel Capo V si registrano gli aggravi perpetui e qui la chiesa aveva l’obbligo, perpetuo, di dare annualmente per le due messe che il signor Arciprete di Torra deve celebrare a Tuenetto, nove troni. Una messa era celebrata il 16 agosto festa di san Rocco e l’altra il secondo giorno delle rogazioni. È interessante la nota a questo punto: questa messa del secondo giorno delle rogazioni, era stata trasferita a Mollaro fintanto che la chiesa di Tuenetto non fosse stata restaurata; ritornò ad essere celebrata in paese dopo la sacra visita dei 5 settembre 1766 quando, constatata la fabbrica del presbiterio e il generale risanamento dell'edificio, il Vescovo comandò che tornasse ad essere celebrata a Tuenetto.
In riferimento alla messa e alla processione del secondo giorno delle rogazioni, la chiesa di Tuenetto aveva l’obbligo di distribuire agli intervenuti alla funzione, «una carità di pane di segalla di stara uno quarte una e meza, […] E questa tronda come credesi deve esser distribuita per cagione di certo legato perpetuo antichissimo del qualle non si ha l’origine, ma sempre distribuite essendo state dette tronde».
Per finire la chiesa era tenuta al necessario mantenimento dei sacri arredi, ad acquisire la cera, a conservare l’edificio in buono stato. Al «sindico poi, che fa anche il sagristano ò sia monego della chiesa nulla per antiqua consuetudinem si contribuisce, ma ogni sindico esercita tall’ufficio gratis, e per amor di Dio, ed onore di san Rocco aspettando dal cielo il pagamento e li impieghi ordinari del sindico e monego. Dissi per li impieghi ordinari mercechè per li straordinari altro dir si deve essendo così sempre stato stilato».

L'inventario si chiude in questo modo: «Il tutto adunque si hà ordinato, come si ordina à maggior gloria di Dio, e della B.Vergine Maria, ad onore di San Rocco Confessore Patron Titolare di questa chiesa figliale, ed à lode di Sant’Eusebio Prete Confessore Patrone di questa antica Pieve ed Arcipretura di Torri, e non sol con questo, ma con ogni altro meglior modo, via, e forma et ita. Io Gio Pietro de Mediis Notaio publico di Molaro abitante in Taio alle cose premesse fui presente, e quelle pregato scrissi, e publicai ed attesto la presente copia essere in tutto concorde col suo originale. In fede avertendo qui essere stata studiosamente lasciata in bianco ogni prima faciata del presente urbario affine si possa annetere in essa qualunque mutazione che col trato del tempo potesse succedere. Perciò Laus Deo Optimo»

Gli interni
L'altare
L’interno è ad una navata con volta a crociera. A tale navata in antico era limitata la chiesa, è nel 1765 che viene ampliata con l’aggiunta dell’ attuale abside. Vi è un altare in legno del XVII sec. indorato nel 1715 da Giovanni Battista Costanzi proveniente dalla Chiesa di San Marco di Mollaro.
Qui è interessante riportare la nota scritta da don Giovanni Battista Menapace che chiarisce la provenienza dell'attuale altare della chiesa di Tuenetto.
Distrutto (a ragione?) il vecchio altare per via delle due cariatidi che mostravano i seni e quindi «scabrose e sfacciate», fu sostituito con l'altare dedicato a San Francesco della chiesa di Mollaro (si presume intorno all'epoca della rifabbricatura della Chiesa avvenuta nel 1851-2).
La pala raffigurante il santo d'Assisi rimase a Mollaro e a Tuenetto vi fu allogata la pala con san Rocco e Fabiano. Quando nel 1884 arrivò la statua della Madonna di Lourdes, l'antica ancona fu ripiegata e posta in un cassetto della sacristia. Don Giovanni Battista Menapace, arciprete di Torra dal 1897 al 1891, lo notò in fondo a quel cassetto nel luglio del 1888 in uno stato «deplorevolissimo». Esaminando la tela scoprì la seguente scritta sotto la cornice:

EX VOTI CAUSA HAS
IMAGINES DIPINGI CURAVIT
[***] D. EUSEBIUS DE
MICHELIS DE VIONO
ANNO D.NI 1627

[***] (scrive qui a margine il parroco Menapace: “lì deve esser il solito titolo ma non si è potuto decifrare essendo troppo logorato”)
ciò gli permise di scoprire l'appartenenza degli stemmi che erano dipinti fuori della chiesa e sul muro abbattuto per costruire l'abside, ciò che don de Tomasi non fu in grado di disvelare.
L'epigrafe è scritta sotto uno stemma del tutto uguale a quello descritto a pag. 327-A del volume riportante l'inventario delle chiese della Pieve. Scrive don Menapace: «Nota che questa epigrafe è immediatamente sotto l’arma che si vede dipinta in questo Volume a pagina 327-A. Si può quindi arguire con ogni esattezza che era l’arma della casa de Micheli di Vion; forse di quella gente il cui ultimo rampollo Eusebio Micheli morì il 10 febbraio 1888, ridotto nella miseria per la malavversione degli amministratori disperdendo una sostanza di ben oltre 30 mila[...] famiglia che deve esser antica e forte - che il detto Eusebio non era né vizioso né prodigo. Del resto l’arma ora non è già riconoscibile tanto è logora e sciupata la tela».
Questo altare purtroppo subì due furti che lo spogliarono degl’intarsi di maggior pregio. Per effetto di queste ruberie avvenute il 7 e 8 gennaio 1977 e 24 e 31 luglio 1979, risultarono mancanti 18 sculture (bassorilievi in legno dorato) raffiguranti testine d’angelo; la coppia di sculture raffiguranti San Pietro e San Paolo di altezza cm. 40; coppia di sculture lignee riproducenti angeli in legno dorato di altezza cm. 40; una scultura lignea raffigurante San Rocco in legno dorato di altezza cm. 40; coppia di sculture lignee figuranti testine d’angelo e fiori altezza cm. 60; tutti questi pezzi mancanti sono del XVII sec. databili 1640 in quanto si ritengono opera dell’artista Simone Lener.

BELLI G. - Una storia in pericolo - Provincia Autonoma di Trento, 1981 - pag.161


Con gli intarsi dell’altare risultò sparito pure un reliquiario in ottone di autore ignoto dell’altezza di cm. 20.
In epoca recente (anni '80) l'altare fu interessato da due interventi di restauro: il primo eseguito in modo tanto maldestro che il secondo incontrò notevoli difficoltà per porvi rimedio. Intorno alla fine degli anni '80 del Novecento, fu realizzata dall'artigiano muratore Rino Bertagnolli di Taio, il vano che ospita la statua della Madonna. In sistituzione di quello antico in legno oramai tarlato e volendo imitare la grotta di Massabielle (Lourdes), fu fatto in calcare poroso (tufo) escavato in una grotta nella valle che separa Taio da Pòrtolo.

La decorazione pittorica
L’abbellimento pittorico della chiesa fu eseguito nel 1913 da Primo Panciroli (1875 – 1946). Nell'abside sono dipinti fatti e simboli tutti riguardanti la vita della Madonna. A sinistra guardando l’altare v’è dipinta l’ANNUNCIAZIONE A MARIA: l’Angelo, ancora in volo, porta in mano il giglio bianco simbolo di purezza verginale; Maria è inginocchiata e viene interrotta dalla lettura; Ella si protende verso l’angelo per raccogliere il giglio che le viene porto; la colomba dello Spirito Santo simboleggia il concepimento di Gesù.
Al centro della volta absidale è rappresentata l’INCORONAZIONE DI MARIA ed è forse la parte di maggior pregio artistico del ciclo di affreschi. La cerimonia raffigurata è officiata da Cristo genuflesso, che pone la corona in capo alla Madre anch’essa inginocchiata davanti a lui. Tra essi un vaso di gigli il cui significato è la purezza e la castità della Madre di Dio. Al centro della composizione c'è il Padre Eterno benedicente con l’aureola triangolare che tiene in mano il “globo” che rappresenta l’intero universo sul quale la Trinità impone il proprio potere divino. La colomba dello Spirito Santo è posta al centro congiungendo i volti dei tre protagonisti. La scena avviene al cospetto di un tripudio di angeli.
A destra si può ammirare la PRESENTAZIONE DI MARIA AL TEMPIO: il tema non è menzionato nella Sacra Scrittura e deriva soprattutto dalla Leggenda aurea di Jacopo da Varazze di epoca medievale e tuttavia la Chiesa dà grande importanza al pensiero di Maria completamente promessa a Dio già dall’infanzia. Nel dipinto della chiesa di Tuenetto si vedono degli scalini saliti da Maria bambina per giungere al tempio dove l’aspetta il sommo sacerdote. La figura di Maria è dotata di aureola come i genitori Anna e Gioacchino che la accompagnano; la piccola Maria è dolcemente sospinta dalla madre.

Guarda il video che descrive l'Incoronazione di Maria



Con la tecnica che simula il bassorilievo, nel presbiterio sono rappresentate le virtù teologali: la FEDE raffigurata da una donna che regge in una mano il calice e nell’altra la croce; la CARITÀ simboleggiata da una donna che allatta; la SPERANZA (poco visibile perché dietro l’altare) impersonata in una donna con lo sguardo rivolto verso il cielo da dove attende la salvezza; il suo caratteristico attributo iconografico è l’àncora la cui forma ricorda la croce, speranza di ogni credente.
Sempre nel presbiterio le lunette sono decorate con varie composizioni floreali la cui simbologia è da ricondurre alle qualità che la Chiesa attribuisce a Maria; la Madre di Dio è di volta in volta paragonata all’OLIVO che esprime la forza e la fecondità ed indica il giusto che confida in Dio, alla PALMA pianta associata all’albero della vita, cioè a Cristo stesso, al CEDRO immagine del giusto che, radicato nel Signore, trasmette bellezza e benessere anche nella vecchiaia, al GIGLIO che rappresenta la purezza della Vergine Maria e alla ROSA allusione a Maria Vergine Regina delle Rose emblema dell'Amore sacro.

Sulla volta della navata sono rappresentati quattro dottori della Chiesa SANT’AGOSTINO vescovo d’Ippona, SAN GREGORIO MAGNO papa, SAN GEROLAMO Presbitero e SANT’AMBROGIO Vescovo di Milano; sulle pareti laterali a sinistra SAN GIUSEPPE col Bambino e a destra SAN ROCCO titolare della chiesa.

Gli affreschi della parete a nord furono oggetto di restauro eseguito nel settembre 1984 dalla ditta E.F.P srl di Trento, coordinato dalla Soprintendenza per i beni e le attività culturali della Provincia Autonoma di Trento.

La settecentesca statua lignea raffigurante San Rocco è stata collocata nella chiesa di Tuenetto nell'agosto del 1989. La scultura è scolpita in legno di cirmolo, ed è di tipica fattura tedesca. Il santo è raffigurato con i classici tratti iconografici del vincastro e il bubbone pestifero sul ginocchio; non compare il cane, classico attributo iconografico del santo. Essa proviene dalla Comunità benedettina del Monte di Cesena ed era a sua volta lì giunta da Bolzano dopo che la chiesa ove era ospitata fu quasi distrutta dalle bombe della seconda guerra mondiale.

Guarda il video che descrive la statua lignea di san Rocco

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Interno della chiesa

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Nota di don G.B. Menapace a margine dell'Inventario del 1774

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Il quadro dipinto su entrambe i lati (forse un confalone): Maria e sant'Anna con Gesù Bambino

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San Rocco e san Sebastiano protettori degli appestati, con san Giuseppe e il Bambino

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L'Incoronazione di Maria

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La presentazione di Maria al Tempio

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1751 ...un campanileto sopra la porta con due campane piciole...

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La campana dedicata a don Adelio Frasnelli (1911-1990)

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Campana alla memoria di Tullio Melchiori (1923-1988)

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Le attuali cinque campane

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La data sul campanile

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16 agosto 1990
A perenne ricordo dell'evento

Il campanile
All'inizio del suo apostolato nella Pieve di Torra (1750-1783) l'arciprete don Pietro de Tomasi, nell'inventario rilevato nel 1751 scrive: «[La chiesa di santo Rocho ha] ...un campanileto sopra la porta con due campane piciole». In quello più particolareggiato del 1774 annota: «Questa chiesa ha un campanilleto di muro posto sopra i muri della chiesa istessa e coperto d'assi fatto l'anno 1742...». Dunque nel 1774 l'attuale campanile non esisteva (o perlomeno non esisteva nella forma attuale), ma, se si interpreta correttamente la descrizione di don de Tomasi, le due campane erano poste sul muro della facciata della chiesa in un campanile, come si suol dire "a vela".
Un intervento conservativo del campanile fu eseguito nel 1861 come testimonia la data dipinta sul campanile, ma di questi lavori non è stata reperita nessuna carta.
Più recentemente, nel 2001, sotto la guida dell'architetto Marina Casagrande, il campanile (come l'intera chiesa) fu interessato da interventi di riattamento in particolare con il rifacimento della copertura con scandole di larice e il rifacimento dell'intonacatura.

Le campane
Nelle scritture canonicali, Libro I a pagina 625 sotto il titolo «Campane di questa Pieve e sue figliali» si legge che nel 1751 «…Tuenet ne ha due. La maggiore pesa pesi 5,5 et il batochio deve essere di lib. 5,5 ha questa inscrizione - "A fulgore et tempestate libera nos Do(mi)ne". Pietro Soleti feci citadino di Brescia abitante in Cremona – 1742».
Delle campane di Tuenetto si trovano altre informazioni nell'inventario fatto nella sacra visita del 1913 quando a reggere la Diocesi di Trento era Monsignor Celestinio Endrici. Negli atti si legge: «Campanile con tre campane, una del 1742 benedetta a Celsissimo Thun; l'altra antica e ritenuta benedetta.» Probabilmente per la frettolosa compilazione degli atti si è dimenticata la descrizione della terza campana.
La fame di metalli per la fusione di cannoni provocata dallo scoppio delle guerre mondiali, pretese il suo tributo di bronzo fornito dalle campane; anche la chiesa di Tuenetto fu interessata dalla requisizione delle campane anche se i documenti in nostro possesso non spiegano chiaramente la circostanza.

1990 L'automazione delle campane

Fino al 1990 il campanile di Tuenetto ebbe tre campane. Da quell'anno il concerto campanario, compreso di orologio, è formato da cinque bronzi ed è completamente automatizzato.
L’idea di munire il campanile dell’orologio fu del Signor Carlo Bertoluzza, il quale donò alla frazione la cifra di 500.000 lire.
Fu l’opera dell'instancabile don Adelio Frasnelli a riprendere la volontà del benefattore e, proponendosi lui stesso come animatore, cercò personalmente i fondi per coprire la spesa. Don Adelio morì il 29 gennaio 1990 prima di veder completato il progetto, che nel frattempo aveva preso corpo e stava per essere realizzato.
Don Tullio Sicher, Parroco di Mollaro-Tuenetto dal 1989 al 2002, firmò il contratto con la ditta «Fagan Campane» di Marola di Torri di Quartesolo (Vicenza) per la realizzazione di un impianto d’elettrificazione per le campane con suono a distesa.
In virtù delle note prodotte dalle campane disponibili, furono scelti i due motivi musicali, che, alle 7 del mattino e alle 20,30 della sera, diffondono la melodia dell'Ave Maria di Lourdes e nel periodo dell'avvento e natalizio, di Tu scendi dalle stelle.
L'aggiunta delle due nuove campane in bronzo di prima qualità con un diametro alla bocca rispettivamente di cm. 46 la prima e cm. 38 la seconda per un peso complessivo di circa 100 kg. conferiscono al concerto campanario di Tuenetto una qualità suggestiva di grande valore.

Il 16 agosto 1990 festa di San Rocco, ad ore 9 del mattino, il parroco don Tullio Sicher, presenti i concelebranti il parroco di Dardine don Giuseppe Sebastiani, il parroco di Priò don Agostino Zanon, il parroco di Torra don Giorgio Botor, il parroco di Segno don Luigi Eccher (presente il monaco camaldolese Giovanni Dalpiaz della comunità di Torra), i padrini Frasnelli Marco fratello del compianto don Adelio, Frasnelli Ester e Antonia sorelle dello stesso, Melchiori Elsa e Anselmo sorella e fratello del defunto Tullio Melchiori e tutta la popolazione di Tuenetto benediva le nuove campane.

Il cimitero
Sino al 1906 il paese non aveva un cimitero proprio e i morti venivano seppelliti in quello di Torra. Nel terreno antistante alla chiesa trovavano invece sepoltura i bambini morti prima “d’esser all’uso di ragione”, cioè circa prima dei dieci anni.
Il cimitero di Tuenetto fu benedetto il 23 luglio 1906 come specificato dalla nota di don Luigi Bergamo (parroco di Torra dal 1911 al 1929) redatta in occasione della sacra visita vescovile del 12 maggio 1913.
Come detto, in precedenza il camposanto era tutt’intorno alla chiesa come ben descritto nell’inventario del 1774 al punto 7 del Capo I:
“Il cemetero in mezo del quale posta è la chiesa ha l’ampiezza della semenza di quarte una, minelle meza compresa la chiesa ed i muri dai quali vien cinto il detto cemetero, le cente del quale meritano d’esser ristaurate e meglio coperte ciò che subito si farà quando si sarà rimessi dalla spesa fatta nella fabbrica. Questo cemetero ha un sol ingresso al quale vi è la sua grada di ferro fatta l’anno 1753 come al paragrafo 5 del libro de Conti, merceché anticamente vi era una grada di legno.

Attualmente il cimitero contiene due interessanti lapidi che commemorano due illustri personaggi del paese: Melchiori Felice (1834-1923), sindaco di Tuenetto per 40 anni, apprezzato amministratore e maestro, e Melchiori Teodoro (1866-1945) ultimo Sindaco di Tuenetto.

Il cimitero, la cui gestione spetta oggi al Comune, è stato oggetto, nel settembre del 2020, di lavori di manutenzione quali la pavimentazione del vialetto in cubetti di porfido e la posa di una fontanella in ghisa verniciata all'esterno. In questa occasione si provvide pure all'installazione di 12 nuove urne funerarie collocate sul lato ovest a sinistra dell'entrata. (Vedi le foto)

Il monumento ai Caduti

Dal 1988 davanti al cimitero c'è il monumento a ricordo di tutti i caduti delle guerre. La realizzazione del monumento fu promossa dal Gruppo A.N.A. Zirò con il contributo dell'Amministrazione comunale di Taio. L'opera realizzata in pietra bianca lavorata in forma d'arco è collocata su un basamento dello stesso materiale e reca la scritta «Tuenetto ai suoi caduti». L'inaugurazione avvenne alla presenza delle autorità civili e militari e benedetta da don Adelio Frasnelli il 21 agosto 1988. La cerimonia iniziò con la sfilata degli alpini, in testa il Gruppo A.N.A. Zirò, che partendo dalla piazza del paese e preceduta dalla Fanfara degli Alpini, si portò nei pressi del monumento dove fu celebrata la Messa e al termine il rito liturgico di consacrazione del monumento.
Furono ricordati in particolare i caduti di Tuenetto Melchiori Alfredo e Ermanno periti a causa della seconda guerra mondiale.

Guarda il video che descrive il crocifisso del cimitero



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Il cimitero negli anni '30'

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Prima dei lavori del 2020

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Novembre 2021 - Il nuovo vialetto e la fontanella



FOTOGRAFIE

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La chiesa con la facciata ancor priva della statua di san Rocco (1920 ca.)

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La chiesa negli anni '40

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La chiesa negli anni '50

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La foto mostra i maestosi ippocastani che facevano da quinta alla chiesa

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1976 la Chiesa bisognosa di restauro

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1 maggio 2020 Vista da sud

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Vista da nord

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L'ingresso al campanile

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Il portale settecentesco in pietra locale

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La finestrella sulla facciata

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La data sul campanile

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La statua di san Rocco che campeggia sulla facciata della chiesa

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Quadro con i santi Rocco e Sebastiano al centro san Giuseppe col Bambino

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Interno

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Interno

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L'aspetto dimesso del cimitero in una foto degli anni '30

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Il cimitero nel 2020 poco prima dei lavori di risistemazione

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Settembre 2020, cantiere aperto per i lavori di riqualificazione dell'area cimiteriale

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Settembre 2020 Preparativi per la posa di cubetti di porfido sul vialetto del cimitero

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Don Emanuele Melchiori benefattore della Chiesa di San Rocco

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Don Adelio Frasnelli fu collaboratore nella parrocchia di Mollaro; per tutto il decennio degli anni '80 fu curatore d'anime a Tuenetto

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La mensa realizzata con le balaustre della Pieve di Torra

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Il concerto di campane di Tuenetto

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21 agosto 1988 Inaugurazione del monumento ai caduti