Nel bosco coperto di noccioli che declina nella valle di Mollaro, a ponente del paese di Tuenetto ai Campi Longhi, c’è una cavità naturale scavata nel fianco del ripido pendio. Il luogo è chiamato Bosc’ del Milio dal nome dell'antico proprietario. Si tratta di una grotticella di piccole dimensioni, si crede che un tempo fosse stata molto più ampia. La gente di Tuenetto la chiama “Tana del Minòt”, che nella parlata nonesa è diminutivo di min termine infantile che vuol dire gatto. Nessuno tra gli intervistati del paese sa dare spiegazione di questo nome. Nondimeno tutti sanno che tanti anni fa la Tana del Minòt era abitata. Come ogni leggenda, «La tana del Minòt», contiene qualche elemento storico plausibile e anche in questo caso ce n'è uno. Ovverosia il legame tra la famiglia di notai di Tuenetto con la casata dei Thun documentato da Paolo Odorizzi nel suo studio «La Val di Non e i suoi misteri» a pag.257, dove si legge: «Essi [i notai residenti a Tuenetto] furono per sei generazioni al servizio dei de Tono e alla fine si imparentarono con loro attorno al 1383 grazie al matrimonio fra il notaio Ottone I e Sofia figlia di Simeone II de Tono. Questa schiatta di notai fu spazzata via dalla peste del 1439.»
L'impervio bós-c' del Milio
La tana del Minòt
Or fanno molti secoli, la vita a Tuenetto scorreva paziente. La gente viveva poveramente coltivando l’orto e il campo, cavando appena quanto bastava per non morire di fame. Fino al giorno nel quale un uomo che ancora possedeva la pienezza della forze si ammalò e morì; sulle prime nessuno se ne curò. Era purtroppo consueto che qualcuno se ne andasse in cielo anche se era in giovane età. Sennonchè nei giorni successivi sempre più persone, giovani e vecchi, cominciarono a presentare gli stessi sintomi di un morbo misterioso e nel giro di poche ore davano l'ultimo respiro. Una giovane ragazza umile, ma assai intelligente, dopo che aveva perso il papà, la mamma e i fratelli, miracolosamente risparmiata dal morbo, fuggì da Tuenetto e si rifugiò nella grotta che era nel bosco. Quel luogo lei lo conosceva molto bene perché ci andava spesso con la sua capretta a pascolare. La ragazza pur essendo di corporatura esile, allo stesso tempo era energica, i suoi lunghi capelli neri le incorniciavano il bel viso e anche se viveva in una spelonca riusciva a mantenersi d'aspetto gradevole. Con la fedele bestiola a tenerle compagnia abitò in quel freddo e oscuro antro vivendo del latte della sua capretta e dei frutti del bosco. Aveva sempre il cuore pieno di tristezza perché comprese ben presto di essere l’unica superstite del flagello della peste a Tuenetto. Trascorso qualche tempo, in una calda giornata d’estate, un tal Melchiore, palafreniere del nobile signore Thun di Castel Brughiero, passò nei pressi della caverna. Ed ecco saltar fuori da un cespuglio la bella giovinetta e il prestante cavaliere se ne innamorò a prima vista. «Mi considerate degno di essere vostro sposo?» chiese il giovane alla fanciulla. «Oh, sì, sì» rispose al colmo della felicità la ragazzetta. Alla festa di nozze furono invitati i pochi parenti e amici risparmiati dalla peste: i nobili signori della casata Thun di Castel Brugherio che tenevano il loro scudiero in grande stima, benedirono quell’unione. Insieme Melchiore e la sua adorata sposa, passato il pericolo della pestilenza, diedero nuova vita al paese di Tuenetto. Ebbero cinque figli maschi sani e vigorosi che allevarono con ogni cura e quando furono diventati giovanotti a ciascuno vollero assegnare loro una casa. Ecco perchè nel paesetto il cognome predominante è Melchiori e si compone di cinque casoni.
Il Minòt nella fantasia di un bambino
Castel Bragher in una vecchia stampa
Bibliografia: V.Inama – Storia delle Valli di Non e di Sole nel Trentino – 1988 G.B.Menapace – Malgolo nella Pieve di Torra – 1890 J.A.Maffei – Periodi istorici e topografia delle Valli di Non e Sole – 1805 C. Ausserer – Le famiglie nobili nelle valli del Noce – 1985 E. Quaresima - Vocabolario anaunico e solandro - 1964 P. Odorizzi, La valle di Non e i suoi misteri