Don Renzo Fanfani, «cappellano esposto»
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La copertina del libro di Paola Sani

Grazie a Paola Sani, nata a Empoli nel 1968, laureata in filosofia all’Università degli studi di Pisa, ex assessore all’ambiente e ai diritti di cittadinanza nella sua città, è uscito in libreria il volume «Renzo Fanfani. Prete operaio» (Gabrielli Editori). Il libro è stato accolto ad Avane, Tinaia e in tutto l’empolese con grande favore; non solo, grati a Paola Sani siamo anche noi parrocchiani di Mollaro-Tuenetto dove don Renzo lavorò per un anno dal settembre 2007 al settembre 2008.
Le informazioni di questa pagina sono tutte tratte dal libro di Paola Sani.

Renzo Fanfani nacque a Firenze il 16 novembre 1935 da una famiglia operaia. La mamma Emma faceva la sarta, il padre Firmando l’operaio ferroviere. Renzo visse il periodo dell’infanzia e giovinezza con le incessanti raccomandazioni paterne di studiare, unico modo per riscattarsi dalla condizione di reale povertà in cui versava la famiglia. Tempi quelli ― per dirla con le stesse parole di don Renzo ― segnati “dall’orrore ed il terrore che i miei occhi di bambino hanno visto nel ’43 e nel ’44 e che risalgono prepotenti e incontrollabili alla memoria”.

Rispettoso dei consigli del padre, Renzo frequenta l’Istituto Tecnico Commerciale G. Galilei di Firenze diplomandosi ragioniere nel 1954. Finita ragioneria trovò impiego alla Nuova Pignone, ma il lavoro di impiegato non lo soddisfaceva. Superato il concorso entrò così all’Accademia Militare di Modena. La vita militare iniziata nel 1955 si divise tra Modena, Torino, la Sardegna, Roma e Napoli e fu ricca di tante soddisfazioni per Renzo; sempre tra i migliori del suo reggimento, raggiunse il grado di Capitano dei Granatieri di Sardegna, fino a quando nell’ottobre del 1962 tra l’incredulità generale fece la scelta di “buttare il cappello per aria”, lasciò la prestigiosa carriera militare ed entrò nel Seminario Maggiore di Firenze, aveva 27 anni.

Prete e operaio

Lui stesso ebbe a dire “…la vita militare mi soddisfaceva, andavo bene, dare gli ordini mi piaceva”, e ancora “…questi sette anni di vita militare mi hanno dato veramente un imprinting”. Lasciò la promettente professione di ufficiale dell’esercito perché nacque in lui una sensibilità più forte ai problemi di carattere sociale, umanitario e politico.
I primi anni sessanta in Italia sono caratterizzati da una profonda trasformazione che coincide con la primavera del Concilio Vaticano II, l’esperienza dei preti operai soprattutto francesi, il vivace ambiente culturale fiorentino in particolare quello religioso (con personaggi del calibro di Giorgio La Pira, Giulio Facibeni, Lorenzo Milani), erano tutti elementi conformi alle attese e alla personalità di Renzo.
E così terminati gli studi teologici venne ordinato presbitero il 29 giugno 1966.

Il primo impegno lo svolse all’Opera della Madonnina del Grappa a Rifredi, quartiere popolare di Firenze dove insegnò educazione civica ai ragazzi della scuola professionale. Nel contempo la sua attenzione era sempre rivolta nei confronti del mondo operaio in particolare era interessato all’esperienza dei preti operai. Nel 1967 don Renzo fu inviato come viceparroco ad Empoli, città autenticamente proletaria e qui si immerge in quel mondo che tanto lo attraeva. Quasi subito cominciò a maturare l’idea di diventare prete operaio. Sempre in quell’anno vi fu un episodio importante per la vita di don Renzo e cioè l’incriminazione (con altri quattro sacerdoti e diversi laici) da parte della Magistratura fiorentina “per istigazione a delinquere e turbativa di funzione religiosa del culto cattolico”, processo che si celebrò nel 1971.

In pratica don Renzo e gli altri avevano espresso, in unione con la comunità dell’ Isolotto, piena solidarietà agli occupanti della cattedrale di Parma, che avevano manifestato contrarietà all’autoritarismo della Chiesa e alla sua collusione con il potere. Il processo si concluse con l’assoluzione piena di don Renzo e gli altri.


Nel 1969 don Renzo fu assegnato alla parrocchia di San Bartolo in Tuto a Scandicci esercitando l’attività di operaio presso una fonderia e, nonostante il duro lavoro, senza mai venir meno agli impegni pastorali della domenica. In quel periodo presentò domanda di assunzione alla Fonderia del Pignone e ad un’altra azienda metalmeccanica che tuttavia entrambe rifiutarono perché prete.
Nell’estate del 1972 don Renzo iniziò a lavorare presso la vetreria SAVIA a Empoli, esperienza lavorativa che durò fino a febbraio 1979. L’ex sindaco di Empoli così ricorda don Renzo di quegli anni: “Un prete umile ed operaio? Che bellezza in questo ‘dono’ che abbiamo ricevuto come comunità empolese e non solo”.

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Renzo Fanfani al Corso Ufficiali dell'Accademia Militare

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Con il grado di Tenente a Roma

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Renzo Fanfani al corteo del 1° maggio

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Alla Vetreria SAVIA

La Tinaia

Nel 1978 don Fanfani aprì una casa d’accoglienza dove giunse anche Carla Goio Franceschini proveniente dall’Eremo delle Stinche di padre Giovanni Vannucci. Carla e la mamma di don Renzo Emma, trasformarono la grande casa della Tinaia da “casa che veniva usata, ora comincia ad essere vissuta”. Un amico di don Renzo ha ricordato quell'epoca: “La lista delle persone accolte è lunga, l’accoglienza non era solo per le persone che avevano bisogno, ma ha voluto dire anche la costruzione di tante relazioni”.
Nel 1980 don Renzo venne nominato parroco della parrocchia di San Michele e Leopoldo alla Tinaia e, fallita la SAVIA, si reinventò artigiano un suo modo originale di essere prete operaio. I primi tempi furono difficili perché a don Renzo mancavano i compagni di lavoro, anche se non disertava mai “al sindacato, alle manifestazioni, agli scioperi, ma non era più come in fabbrica. Attorno a don Renzo nacquero alla Tinaia diversi gruppi che si interessavano dei problemi legati al rapporto tra Nord e Sud del mondo, quali il disarmo, la pace, il sottosviluppo. Quel decennio degli ’80 fu l’inizio di un cambiamento che portò più tardi a determinare una società “sempre più degli individui e del liberismo economico”. E tuttavia in quel tempo l’azione dei preti-operai non venne meno. Don Renzo intensificò il suo impegno nel movimento entrando a far parte della segreteria nel 1989 collaborando alla rivista «Pretioperai» fin dal primo numero che era uscito nel 1987. Questa esperienza terminò nel 1995 quando si prese atto che l’organizzazione dei preti operai in movimento nazionale era finita.

Avane

Con decreto vescovile del 24 aprile 1990 don Renzo fu nominato amministratore della parrocchia di San Jacopo ad Avane restando anche parroco della Tinaia. Avane è il più popolare dei quartieri empolesi ed era chiamata all’epoca “la piccola Russia” il Partito Comunista infatti godeva dell’80% dei consensi di questo sobborgo, ma era anche considerato il bronx di Empoli. Sono gli anni della piena maturità di don Renzo che in questa parrocchia trova il terreno ideale per proseguire nella sua attività pastorale incentrata sull’accoglienza, la difesa del territorio, l’internazionalismo, la promozione dei gruppi giovanili. Nel 1994 incrociò l’esperienza delle Piagge di Firenze, il quartiere periferico dove operava don Alessandro Santoro, un sacerdote che si rifaceva alle comunità di base e alla teologia della liberazione. Don Renzo manifestò particolare vicinanza con quel giovane confratello e per lungo tempo collaborarono condividendo varie esperienze di volontariato (in particolare nelle carceri). Non è possibile enumerare tutte le iniziative messe in campo in questo periodo da don Renzo. Tra esse spicca la missione coreana in Avane; a preti e suore coreani fu affidata la cura pastorale della parrocchia come segno dell’appartenenza ad un’unica famiglia umana. Questo progetto, accolto favorevolmente sia dal vescovo di Seul che da quello della diocesi di Firenze, ebbe il suo momento culminante con la benedizione dell’altare nella chiesa di Avane dedicato a sant’Andrea Kim, primo prete cattolico coreano giustiziato nel 1846. Alla grande celebrazione presero parte due cardinali (Antonelli e Piovanelli) e dieci preti coreani più tutte le autorità civili.

Nel 2000 il primo serio segnale della sua cardiopatia, subì in quell’anno un intervento di angioplastica alle coronarie che lo costrinse a rinunciare alla visita annuale alle famiglie. Nonostante tutto, superato il periodo di convalescenza, don Renzo riprende con vigore la sua attività. Allo scopo di mostrare il grande lavoro svolto ad Avane nella costruzione di una società multiculturale, vale la pena di menzionare, fatto piuttosto clamoroso, che don Renzo fu scelto, in qualità di figura religiosa, come punto di riferimento, in assenza di un imam, nella comunità islamica di Empoli. Il suo impegno per la pace fu incessante, pubblici dibattiti e continue sollecitazione anche durante le sua celebrazioni domenicali, per riflettere sul bene della concordia tra i popoli. Rimase impressionato quando si recò con alcuni amici preti nei Balcani e toccò constatare le devastanti conseguenze della guerra che aveva visto Bosnia e Serbia contrapporsi con migliaia di vittime innocenti.
Lottò tenacemente contro il degrado del suo quartiere e in questo grande sforzo tentò di unire, nel suo insegnamento, il Vangelo con la Costituzione Italiana, fondamento della democrazia. Nacque così l’idea, che in seguito divenne consuetudine, di donare in occasione della Cresima ai ragazzi che facevano il loro primo passo nell’età adulta, il Vangelo e, con il coinvolgimento del Sindaco, la Costituzione Italiana chiamandoli in questo modo a riflettere sulla fede e sui principi e le leggi dello Stato. Nel 2006 si schierò con tutte le forze per il NO al referendum costituzionale e pochi giorni prima dello svolgimento del referendum attaccò quattro striscioni rossi sul campanile di Avane con la scritta ‘Nooo’.
Superata la settantina, don Renzo cominciò a sentire la stanchezza e tuttavia ancora la voglia di ricominciare, via, lontano dalla sua Toscana. Dopo tanti anni di apostolato e lavoro sentiva che stavano per esaurirsi le sue forze e la sua spinta propulsiva lentamente veniva meno.

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La chiesa di San Jacopo in Avane

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Corso professionale di fabbro ad Avane

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La clamorosa iniziativa in occasione del referendum costituzionale

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Con l'amico don Guerrino e don 'Paolino' a Tuenetto

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Alla sagra di san Rocco a Tuenetto

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Battesimo a Mollaro

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15 luglio 2022 L'autrice del libro su Fanfani, Paola Sani

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La croce di ferro nel cimitero di Limite sull'Arno dove riposa don Renzo

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Mollaro-Tuenetto

Durante la messa di Pasqua nell’aprile del 2007 comunicò la sua decisione di lasciare Avane e scrisse una lettera ai suoi parrocchiani per spiegarne le motivazioni: “Un tempo della mia vita è giunto a conclusione. […] Questo ‘tempo’ ha raggiunto la sua ‘pienezza’. Rimanendo in questa condizione non darei nessun frutto. ‘Lentamente muore…!’ Ho 72 anni. Devo seriamente prepararmi all’incontro con la mia morte. […] In Val di Non c’è una piccola parrocchia dove c’era un prete operaio mio amico, che è morto. Ho chiesto di poter continuare il suo ‘lavoro pastorale’. L’Arcivescovo di Trento Luigi Bressan accettò la disponibilità di don Renzo Fanfani e venne destinato alla parrocchia di Mollaro-Tuenetto dove era da pochi mesi mancato don Guerrino Zalla, prete operaio e suo amico. Dal settembre 2007 e per un anno preciso, don Renzo fu “cappellano esposto” come scherzando amava definirsi dopo aver letto antiche cronache della Pieve di Torra. Don Renzo abitava a Trento in via SS. Trinità nella casa di Carla Goio e ogni domenica saliva a Mollaro con ‘la vaca nonesa’ per celebrare la messa delle ore 10. In Abramo ricomincia scrive: “Al mercoledì, ma non sempre, faccio un po’ di dottrina a qualche ragazzo e alle mamme, soprattutto a loro, continuando quello che faceva Guerrino Zalla, un prete operaio che è stato parroco lì. Al giovedì vado a mangiare dai bambini dell’asilo parrocchiale, sto un po’ con loro e dico la Messa alle 16,00”. “Ho fatto bene, ho fatto male?” si chiedeva don Renzo in quei mesi. Forse lasciare Empoli fu una scelta sbagliata, confessò a Paola Sani autrice del libro che narra la sua vita.

Certo l’ambiente trentino, e noneso in particolare, non assomiglia per niente a quello toscano. Le condizioni sociali, economiche e culturali sono assai dissimili; Empoli città industriale, la Val di Non prettamente agricola, il tessuto sociale empolese composto per lo più da lavoratori abituati a vivere nella limitatezza, in contrapposizione alla sostanziale ricchezza dei contadini nonesi, ma forse l’elemento più importante è la trascinante apertura mentale tipicamente toscana che è l’opposto della tendenziale chiusura del carattere noneso. E tuttavia l’opera di don Renzo, almeno nelle persone che sono state a lui più vicine, ha lasciato un’impronta che è difficile dimenticare. Ha esercitato la sua missione per un solo anno, ma le iniziative da lui promosse nella minuscola parrocchia di Mollaro-Tuenetto sono veramente tante.
Don Renzo replicò, naturalmente in modo più ridotto, la sua ‘pastorale’, quella che esercitò ad Avane e che è ben descritta nella sua biografia. Portò a Mollaro personaggi più o meno importanti a parlare dei grandi temi che gli stavano a cuore. Padre Alex Zanotelli per discorrere di sottosviluppo e acqua bene comune, un professore universitario per introdurci alle problematiche legate alla globalizzazione, esperti di finanza per destare l’attenzione sui pericoli di certa politica economica. Tutti fenomeni che di lì a pochi anni avrebbero travolto le economie dell’intero mondo e che oggi sono al centro del dibattito politico. Davvero un lavoro che si può dire profetico. Poche le persone che nel Teatro Parrocchiale di Mollaro venivano ad assistere a quei dibattiti, e a don Renzo questo un po’ dispiaceva.
Nel luglio del 2006 festeggiò con la comunità parrocchiale il 40° di sacerdozio. Era già programmato di fare assieme all'amico don Guerrino anch'egli ordinato proprio quarant'anni prima, ma la malattia se lo portò via prima. Don Renzo per l'occasione fece venire dalla Toscana una intera finocchiona. Fu l'ultima occasione in cui don Renzo stette con i suoi parrocchiani di Mollaro-Tuenetto. Purtroppo il suo lavoro a Mollaro-Tuenetto fu interrotto in modo ‘sgarbato’. Il Consiglio Parrocchiale provò a protestare. Fu invitato in parrocchia il Vicario generale (che qualche anno dopo sarebbe stato nominato Vescovo) al quale si reclamarono chiarimenti. Fu risposto che era in atto la riorganizzazione della diocesi e che questo progetto prevedeva l'aggregazione della parrocchia con le altre vicine e che pertanto di don Renzo non c’era più bisogno. La forza del Consiglio Parrocchiale di Mollaro-Tuenetto non fu sufficiente per far cambiare idea alla Curia.
La lettera aperta di una catechista pubblicata su «Comunità» il giornalino della parrocchia di Mollaro-Tuenetto a dicembre 2008, esprime con chiarezza i sentimenti della grande parte dei parrocchiani, la riportiamo:

Carissimo don Renzo, desidero esprimerti il mio grazie per l’anno che hai trascorso accanto a noi nella comunità umana e cristiana di Mollaro-Tuenetto. Quando ho saputo della tua intenzione di rimanere tra noi per più dei due mesi estivi ho gioito, pensando alla ricchezza di esperienze di vita cristiana che ci mettevi a disposizione. Hai portato nella nostra parrocchia il tuo entusiasmo, la tua gioia di vivere e la voglia di fare come fossi un giovane sacerdote e nello stesso tempo la saggezza frutto di una lunga esperienza di vita. Di te mi è sempre piaciuta la schiettezza e la capacità di stare vicino alla gente, in mezzo alla gente come uno di noi, capacità maturata sicuramente nell’esperienza di prete operaio. Questo tuo modo di porti e di vivere da prete nella Chiesa ci fa ricordare don Guerrino.
Penso che la Chiesa nel nostro tempo dovrebbe rivalutare l’esperienza dei preti operai per avvicinarsi alla gente e comprenderne meglio le attese e le speranze. L’appuntamento della messa domenicale è stato sicuramente il momento in cui abbiamo avuto modo di conoscerti ed apprezzarti di più. Ci aspettavi alla porta e ci salutavi chiamandoci per nome e dandoci il benvenuto alla festa. Anche se la puntualità, cara a noi trentini, ne risentiva, personalmente mi sentivo accolta e chiamata a partecipare alla messa da protagonista non da spettatrice. Ho apprezzato le tue omelie, frutto di una riflessione sulla parola di Dio letta nella storia e maturata nel tuo vissuto quotidiano e come tale presentata. Sei sempre stato disponibile all’ascolto, al confronto e ad accogliere suggerimenti per migliorare il tuo servizio alla nostra parrocchia. Tu, don Renzo, ci hai dimostrato di credere nell’importanza del ruolo dei laici cristiani nella vita della Chiesa e di crederci non solo per necessità, cioè perché scarseggia il numero dei preti e c’è bisogno che alcuni servizi li svolgano i laici. Sei stato un simpatico “nonno” per i bambini della scuola dell’infanzia di Mollaro che andavi a trovare spesso e con i quali condividevi il pranzo, un “nonno – prete” anche per i bimbi indiani e albanesi e per quelli che non incontreremo mai in chiesa. Il tuo affetto per i piccoli lo dimostravi anche quando li chiamavi accanto a te, ai piedi dell’altare, durante la messa. Ricordo alcune messe del giovedì alle quali chiamavi anche i piccoli in età di scuola materna a farti compagnia sull’altare. Forse qualcuno dirà i bambini così piccoli non capiscono l’importanza dell’Eucarestia e che sono solo motivo di disturbo… e che sarebbe meglio che stessero in silenzio accanto ai genitori o addirittura a casa. Io penso che sia importante avvicinarli fin da piccoli in modo gioioso ai segni e ai momenti più significativi della vita cristiana consapevole che è, e sarà, sempre più difficile fare capire loro l’importanza anche della pratica di fede nelle vita dei cristiani.
Concludo ricordando un momento che riguarda la mia famiglia nel quale ci sei stato sinceramente vicino e per questo ti sono particolarmente riconoscente. Quando è nato mio figlio Aldo tu lo hai annunciato alla comunità durante la messa della domenica e hai pregato per lui e per noi. Ci tenevi poi ad essere tu a battezzarlo, doveva essere il primo bambino che avresti battezzato a Mollaro, per questo ti abbiamo aspettato e dopo la tua malattia hai introdotto Aldo nella comunità dei credenti in Cristo.
Ti aspetto ancora in mezzo a noi e ti auguro di stare bene nel corpo e nello spirito.
Con affetto

Si tentò ancora di contattare don Renzo, che nel frattempo si era ritirato in città a Trento, ma lui già aveva deciso di tornare nella sua Toscana, dove il clima è più dolce, diceva, ma in realtà non era solo per quello. L’ultima volta che gli amici ebbero occasione di sentirlo fu in occasione della presentazione del libro dedicato a don Guerrino Zalla prete operaio suo amico lo stesso che aveva sostituito in Parrocchia. Era già pronta la macchina che sarebbe andata a Limite sull’Arno a prelevarlo per portarlo a Mollaro, ma dopo un suo primo caloroso sì, dovette purtroppo arrendersi, il suo cuore malandato non glielo permise.
E comunque a Mollaro-Tuenetto si rammenta ancor oggi della liturgia “avanense”.

Don Renzo Fanfani morì nella residenza sanitaria Vincenzo Chiarugi di Empoli il 30 maggio 2017 e riposa nel cimitero di Limite sull'Arno (Firenze).

Il 15 luglio 2022 ci fu a Mollaro la presentazione del volume di Paola Sani «RENZO FANFANI Prete operaio» alla presenza dell'autrice e di una ventina di parrocchiani di Mollaro-Tuenetto. Nel corso dell'incontro furono proiettati due brevi videoclip riguardanti la vita e il pensiero di don Renzo. Il primo realizzato dai parrocchiani di Mollaro il secondo consistente in una sintesi di un cortometraggio della stessa Paola Sani su Renzo Fanfani prete operaio.

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