Tradizioni dell'anno liturgico

Si può dire che l'insieme delle usanze e dei riti delle nostre comunità è fortemente legata alla religione cattolica romana. Tuttora la vita è scandita dalle festività dettate dall'anno liturgico il quale celebra la vita di Gesù distribuita nell’arco di un intero anno. L'anno liturgico comincia con l’Avvento e termina con la solennità di Cristo Re, festeggiata nella trentaquattresima domenica del Tempo Ordinario, a fine novembre.

L’anno liturgico è così composto:
1) - AVVENTO che è il tempo dell’attesa durante il quale si celebra la venuta di Gesù, in vista del Natale che è il tempo che ha inizio la sera del 24 dicembre e si conclude la domenica dopo l’Epifania.
2) - Il tempo successivo all’Epifania rientra nel cosiddetto TEMPO ORDINARIO, ovvero tutti quei periodi dell’anno liturgico durante i quali non si celebrano feste di particolare rilevanza. Il Tempo Ordinario è diviso in due distinti periodi:

a. Il primo va dal lunedì dopo la domenica del Battesimo di Gesù, ovvero la domenica dopo l’Epifania, all’inizio della Quaresima (Mercoledì delle ceneri);
b. Il secondo che va dopo Pentecoste e fino al successivo tempo di Avvento.

3) - La QUARESIMA dura quaranta giorni e precede la celebrazione della Pasqua. Inizia il Mercoledì delle Ceneri e si conclude il Giovedì Santo. La Quaresima si protrae per cinque domeniche, la sesta dà inizio alla Settimana Santa e prende il nome di Domenica delle Palme e della Passione del Signore.
4) - Il TEMPO DI PASQUA comincia con la Veglia Pasquale alla fine della Quaresima. La Pasqua festeggia il trionfo di Gesù Cristo sulla morte. Il Tempo di Pasqua è un periodo di cinquanta giorni e dura fino a Pentecoste.
5) - Come già specificato, dopo la Pentecoste inizia il secondo periodo del TEMPO ORDINARIO nel quale si celebrano due solennità: SS.Trinità la prima domenica dopo Pentecoste e il Corpus Domini la seconda domenica dopo Pentecoste. Il tempo ordinario termina con il successivo Avvento.

AVVENTO, NATALE, CAPODANNO ED EPIFANIA
Tra quelle di questo periodo, la prima è l’usanza della corona d’Avvento, tipica dei paesi germanici, che si è diffusa in tutta Europa solo dopo la seconda guerra mondiale, e tuttavia si può considerare ormai come una consuetudine anche nella Pieve di Torra. Al presente questo simbolo natalizio è impiegato sia in chiesa (almeno in quelle dove si celebra la messa domenicale), sia nelle famiglie da quando è iniziata l’abitudine di acquistare la corona d’Avvento allo scopo di fare beneficienza.

Anche se non strettamente legata al culto religioso un’usanza molto sentita è quella dell’«arrivo di santa Lucia». Nella notte tra il 12 e il 13 dicembre i bambini si affrettano a preparare un piatto con le semole e sale da mettere sul balcone per ristorare l’asinello di santa Lucia. Oggi la bella consuetudine viene organizzata perlopiù in ambito paesano e meno in famiglia. Le locali associazioni organizzano la distribuzione di dolci ai bambini riuniti nella piazza talvolta con la presenza dell'asinello e di un'"attrice" nelle vesti della santa.
Qualche decennio fa i ragazzini più grandicelli, attenti a non farsi scorgere dai più piccoli, andavano per le vie del paese suonando campanelli simulando così l’arrivo di santa Lucia. I bimbi correvano a letto sognando santa Lucia e il suo asinello con la gerla piena di doni.

Il Natale è la festa che oggi come ieri, pur con forti differenze, è la più attesa. Giorno dedicato alla famiglia e alla preghiera, oggi caratterizzato dai regali e da pratiche religiose forse meno sentite di un tempo.
Fino alla metà del secolo scorso, nel giorno di Natale si celebravano tre messe, la prima officiata alle cinque del mattino in sostituzione della Messa della Notte.
Per Tuenetto naturalmente la chiesa era quella parrocchiale di Torra e in seguito di Mollaro. L'uso di assistere alla Messa (sia della Notte che del giorno) è ancora vivo. Quella della notte si celebra nella Chiesa di Torra e, a causa della insufficienza di sacerdoti, nelle chiese più centrali (Taio, Tres, Vervò).

In passato il segno principale della festa era l'allestimento del presepe e - specie negli ultimi decenni - l’usanza di addobbare l'abete. L'albero si allestisce sia nella piazza (a cura del Comune), che in ogni casa. A Tuenetto da parecchi anni si appronta il presepe sotto l'albero in piazza. Solo con il benessere diffuso è maturato il gusto corrente (per alcuni discutibile) di collegare delle luminarie ai lampioni della via principale del paese.
Fino alla metà del secolo scorso dopo aver assolto ai doveri religiosi, si preparava un buon pranzo e si restava in casa. Come in tante parti d'Italia, anche il nostro territorio, offre un dolce tipico di Natale che è lo zèlten, una sorta di panettone di tradizione tedesca, ma basso e carico di molti golosi ingredienti.

All’ultimo dell’anno, il 31 dicembre, nessuno mancava di partecipare al rito del Te Deum l’inno cristiano per ringraziare il Signore dell’anno che sta per concludersi. Attualmente la celebrazione del Te Deum si tiene solo nelle parrocchie più popolose.

Ascolta il canto del Te Deum eseguito dai «Coristi delle Chiese d'Anaunia» diretti dal maestro Aldo Lorenzi.


Un tempo, prima della mezzanotte del 31 dicembre, i giovani usavano suonare a distesa le campane, usanza definita “sonar fòra l’an vècel”. Questa tradizione si è persa.

La giornata di Capodanno iniziava per i bambini con il simpatico costume di porgere gli auguri ai più anziani con la formula “Bòn an bòn dì, la bòna man a mì!” ovvero “Buon anno a me la mancia!”, la risposta dei nonni, altrettanto scherzosa recitava, “Bòn dì bòn an, a mì la bòna man!” e i nipoti in cambio ricevevano in regalo qualche noce, o delle nespole, rare volte una mela che a quei tempi era una golosità, eccezionalmente qualche caramella.
Se il 31 dicembre si chiudeva col canto del "Te Deum", a Capodanno si innalzava il solenne inno di lode del Veni Creator Spiritus un’accorata invocazione allo Spirito Santo perché rinvigorisca le menti e i cuori. Riti questi diventati desueti.
Oggi non è infrequente passare la giornata di Capodanno in una sorta di catalessi per la nottata passata a consumare il cenone.

Il giorno dell’Epifania, che chiude il periodo delle feste natalizie, piccoli cantori andavano di casa in casa portando la stella issata su un'asta. La testimonianza raccolta da un anziano riporta che a Tuenetto al posto della stella si portava un piccolo presepe; chiamando la gente ad affacciarsi alle finestre i cantori intonavano la canzone:

Noi siamo li tre re
venuti dall’Oriente
per adorar Gesù.
Egli è il re dei superiori

di tanti maggiori
di tanti nel mondo
che furono giammai.
Chi fu che ci chiamò

mandando la stella
che ci condusse qui.
Ma dov’era il Bambinello
grazioso e bello

in braccio a Maria
che l’è madre di Lui.
L’amabile del Signor
che merita i doni



assieme ai nostri cuor.
E perciò Le abbiam portato
incenso dorato
e mirra e oro

in dono al Re Divin.
Or noi ce ne andiam
nei nostri paesi
da cui venuti siam.

Ma qui ci resta il cuore
in mano al Signore
in braccio a Maria
e al Bambinel Gesù.

Ascoltate alcune testimonianze, questo testo, almeno nei versi iniziali, rispecchia quello cantato una volta nella Pieve.


La bella tradizione della Stella ancora viva in tante parti del Trentino (oggi è il Vescovo che con un'apposita cerimonia conferisce il mandato ai cantori) è sparita del tutto nei paesi della Pieve.

LA QUARESIMA E LA SETTIMANA SANTA
Il periodo che precede la Pasqua inizia con il mercoledì delle ceneri (le zénder). Il rituale, nonostante la progressiva secolarizzazione della società, è praticato anche ai giorni nostri. Dove c'è una chiesa con la presenza di un parroco, il primo giorno di Quaresima si impongono le ceneri come segno di penitenza. Solitamente, per ottenere le ceneri, vengono usati i rami d'ulivo dell'anno precedente che una volta bruciati e setacciati sono trasformati nelle ceneri da cospargere sul capo di ciascun fedele. Durante il rito viene pronunciata la celebre formula Memento, homo, quia pulvis est et in pulverem reverteris (Ricordati, uomo, che sei polvere e in polvere ritornerai).

La Quaresima è un periodo caratterizzato dall’invito a convertirsi a Dio. Un arco di tempo contraddistinto dalla severità e rigidezza dei modi durante il quale il venerdì è stabilito mangiare “di magro”. I severi precetti di questo periodo penitenziale, compresi l'astinenza dalle carni e il digiuno del «mercoledì delle Ceneri» e del «Venerdì santo» rigorosamente osservati dalle vecchie generazioni, al presente sono perlopiù disattesi. Rimane comunque ancora un arco temporale durante il quale vige una "certa moderazione" nei consumi.

La Domenica delle Palme, che precede la Pasqua, si benedicono i ramoscelli d’ulivo che poi vengono portati a casa (un tempo vigeva il costume propiziatorio di bruciare l'ulivo benedetto per scongiurare i pericoli dei fulmini o della grandine).
La Settimana santa è il tempo forte che, fino agli anni sessanta del secolo scorso, richiamava nella Chiesa di Torra decine di fedeli da tutti i paesi della pieve per ascoltare i quaresimali proclamati da predicatori scelti tra i frati dei vicini conventi.
I meno giovani ricordano che durante la Settimana santa era molto sentita la pratica delle «Quarant’ore» che consisteva nell’adorazione del «Santissimo Sacramento» per quaranta ore continuative. Lunghe processioni mattutine di devoti si muovevano dai vari paesi per assistere all’«ora comune». L’adorazione era guidata da varie componenti sociali: gli scolari, le donne, gli uomini eccetera fino a coprire l’intera durata delle quaranta ore. Attualmente di questa pratica devozionale rimane ben poco, sopravvive solo una coraggiosa iniziativa nella chiesa di Segno proposta però in modo molto ridotto rispetto a quello di una volta. Durante la Settimana santa si usa ancora oggi, seppur in misura minore, seminare l’orto; la luna infatti nella settimana santa è "sempre buona" ossia favorevole alla germinazione.
Il triduo pasquale, (giovedì, venerdì e sabato santo) tempo centrale dell'anno liturgico, è ancora celebrato. In questi giorni le campane rimagono mute e le funzioni religiose un tempo erano annunciate dal fragore delle «ranèle» strumenti di legno che producono brevi suoni secchi mediante un’assicella flessuosa che viene alzata e rilasciata da una ruota dentata. Solo al «Gloria» della messa del Sabato santo le campane riprendono a suonare a distesa.
Oggi non tutte le nostre parrocchie possono celebrare il triduo come un tempo e i fedeli si recano in altre chiese dove questi riti vengono ancora celebrati. Solo una ristretta cerchia di praticanti partecipa a sporadici momenti di preghiera. Sopravvive seppur limitatamente il rito della Via Crucis che si tiene il venerdì.

Con l'arrivo a Taio nel 2022 di don Riccardo Pedrotti il Triduo pasquale è celebrato nelle chiese principali (Taio e Tres) con particolare solennità.



LA PASQUA
Fare Pasqua: così si diceva in passato. I vecchi parroci, battevano insistentemente sul dovere per ogni buon cristiano di “fare Pasqua”. E invitavano le donne a collaborare, sollecitando, persuadendo, spingendo, magari anche un po’ forzando i più riottosi. “Quello non ha nemmeno fatto Pasqua” si mormorava nella cerchia dei devoti a proposito di uno, che aveva rifiutato di varcare la soglia della chiesa, perfino il giorno di Pasqua. Per altro il precetto della chiesa che stabilisce «Riceverai umilmente il tuo Creatore almeno a Pasqua» è ancora in vigore. E tuttavia attualmente questi ammonimenti hanno perso tutta la loro forza.
Ai nostri giorni uova di cioccolato confezionate in vistosi incarti fanno la gioia dei bambini; quelli di una volta si “accontentavano” delle uova di gallina decorate in diversi colori.
Una divertente tradizione era quella chiamata «dar zó ai òvi». Due contendenti battevano assieme due uova: vinceva chi, dopo aver dato il colpo, rimaneva con l’uovo intatto e così si aggiudicava quello rotto dell’avversario. Altro gioco con le uova consisteva nel posizionarne uno ad una certa distanza, poi, a turno lanciavano contro delle monete; vinceva chi riusciva a conficcare la moneta nell’uovo. Nel caso in cui nessuno riusciva nella prova, il padrone dell’uovo si intascava le monete. Questo divertimento tipicamente pasquale era molto praticato sui muri di cinta del sagrato di Torra dove, si narra con la "giusta" esagerazione, i gusci delle uova rotte erano alti una spanna!

IL CORPUS DOMINI
La solennità del Corpus Domini era un tempo molto sentita; è una festa mobile che si celebra il giovedì successivo alla solennità della Santissima Trinità oppure, in alcuni Paesi tra cui l'Italia, la domenica successiva. In quel giorno si portava in processione, racchiusa in un ostensorio sotto un baldacchino, l’Ostia consacrata ed esposta all’adorazione popolare. Lungo le strade si allestivano degli altari dove la processione sostava e pregava. Alle finestre erano esposte coperte colorate e il corteo dei fedeli era preceduto dai bambini che spargevano petali di rosa lungo tutto il percorso. Il parroco, sotto il baldacchino, era assistito dai chierichetti che portavano la croce e il turibolo.
Questa tradizione, purtroppo è a forte rischio di abbandono.

OGNISSANTI E COMMEMORAZIONE DEI FEDELI DEFUNTI
I giorni dei Santi e dei Morti (1 e 2 novembre) sono appuntamenti ancora oggi molto sentiti. L’usanza di rassettare la tomba di famiglia abbellendola con fiori e altri decori è pratica imprescindibile anche oggi.
Una volta era tradizione consumare un piatto molto particolare: le lumache contornate dalla polenta di grano saraceno, mentre le castagne erano cotte alla sera e si accompagnavano col vino nuovo.
Di solito, al termine della Messa del 1° di novembre, ci si reca in processione al cimitero dove il celebrante benedice le tombe.
Il 2 novembre è dedicato alla visita al camposanto per pregare sulle sepolture dei parenti e dei conoscenti. Da diversi anni a Tuenetto in questo giorno viene celebrata una messa al termine della quale si offrono ai fedeli presenti le caldarroste con il vino caldo.

LE ROGAZIONI
La tradizione delle rogazioni oggi è in disuso. Le processioni propiziatorie sulla buona riuscita delle seminagioni con la finalità di attirare la benedizione divina sull'acqua, il lavoro dell'uomo e i frutti della terra. A Tuenetto il percorso prendeva inizio dalla chiesa e attraverso i campi giungeva fino alla Cros dei Plazi. Da quel luogo il territorio agricolo del paese si poteva vedere del tutto. Nel caso in cui le campagne fossero state più vaste le rogazioni si ripetevano per tre giorni (lunedì, martedì e mercoledì prima dell’ Ascensione che cade sempre di giovedì) e ogni giorno seguiva un percorso diverso. Giunti nel luogo prestabilito il sacerdote pronunciava le invocazioni “A fulgore et tempestate libera nos Domine” e anche “A peste et fame et bello, libera nos Domine”.

Una tradizione praticata con una discreta solennità fino agli anni '80 era la benedizione degli attrezzi agricoli in occasione della Giornata del Ringraziamento celebrata la domenica di novembre destinata a render grazie a Dio per i doni della terra, quando i lavori agricoli erano terminati, come ricorda il proverbio «Da san Martìn, (11 novembre) ha ruà 'l péger e ancia 'l ladìn» ). Nell'intervallo degli anni '80, quando la cura d'anime di Tuenetto era affidata a don Adelio Frasnelli, questa bella tradizione si teneva ogni anno.

Responsive image

Natale 2010 - Il presepio in piazza

Responsive image

Il presepio del 2020 sotto la nevicata del 28 dicembre

Responsive image

Allestimento del presepe in piazza

Responsive image

Roberto Russo e Luca Melchiori all'opera per costruire il presepe

Responsive image

La processione del Corpus Domini a Mollaro
domenica 3 giugno 2018

Responsive image

Sosta davanti al Castello di Mollaro, officiante don Tullio Sicher

Responsive image

I mezzi agricoli ordinatamente schierati sulla strada della chiesa per la benedizione nel giorno del ringraziamento.
Officiante don Adelio Frasnelli