1591 Transazione fra le comunità di Segno, Torra, Vion, Mollaro e Tuenetto
1848 Divisione del Cirò
La porzione del Cirò spettante a Tuenetto
Vertenza per uso dei terreni Dré al Dòs
Si possono definire le Carte di regola come strumenti normativi attraverso i quali i paesi del Trentino dal medioevo (XV-XVI sec.) agli inizi dell’Ottocento disciplinarono l’utilizzazione dei propri beni e organizzarono la propria vita sociale. «Poco liete - le definì lo storico noneso Vigilio Inama - …le condizioni dei Comuni e dei poveri contadini… nel XV secolo in Val di Non. La società medievale era divisa tra i ceti dei signori, dei guerrieri, dei sacerdoti e in fondo quello dei contadini che costituiva la massa indifferenziata della collettività. Le risorse per la sussistenza erano scarsissime e i pretendenti erano numerosi. Ciascuna piccola comunità invidiava l’altra e nella singola comunità i ceti si detestavano a vicenda. La mentalità diffusa era quella del privilegio, dell’esenzione e dell’eccezione assunta dai ceti e anche dai singoli. A quel tempo regnava un cronico disordine sociale e fu per questo motivo che vi furono una serie di sommosse contro gli ufficiali del potere centrale rappresentato dal Vescovo di Trento lungo tutto il medioevo. Allo scopo di sedare i continui sommovimenti popolari, sono gli stessi Principi vescovi che riconoscono alle singole ville il diritto di “regolanare”, concedendo il cosidetto ius regulandi e ciò a partire dal XIII secolo. L’intento era anche quello di dare protezione alla popolazione contro le prepotenze dei nobili feudali. La configurazione politica del territorio di cui faceva parte Tuenetto, può essere grosso modo così descritta: Taio, Tres e Dermulo erano comunità sottoposte alla giurisdizione del Principe Vescovo, analogamente Dardine e Mollaro. Tuenetto diversamente, costituiva una giurisdizione vescovile «mediata», cioè concessa in feudo dal Principe Vescovo alla famiglia Thun di Castel Bragher, dinasta e giurisdicente a suo nome. Segno e Torra ricadevano anch'esse in una giurisdizione «mediata», ma quella degli Sporo (per dare l'idea di questo frastagliatissimo ordinamento territoriale, si fa notare che all’interno della villa di Torra - soggetta agli Sporo - era ritagliata un’isola di giurisdizione vescovile costituita dalla Chiesa pievana con i fondi ad essa pertinenti). Queste comunità «mediate» erano vincolate a diverse prestazioni gratuite a favore dei dinasti locali come l'obbligo di lavorare nei campi del castello, o trasportare fieno e legnatico dal monte al castello e così via. Così dunque l'organigramma politico-amministrativo: in testa il dominus cioè il Principe Vescovo, nella posizione intermedia il regolano maggiore ossia il dinasta, in fondo alla scala le comunità rurali. Si può affermare che con la stesura delle carte di Regola fu raggiunto una specie di equilibrio tra queste componenti: da una parte il controllo dell’autorità politica della nobiltà, rappresentata dal regolano maggiore sulle comunità, dall’altra l’acquisizione di una propria autonomia amministrativa da parte delle singole comunità.
Per approfondire: M.Welber, M.Stenico, F.Giacomoni, C.Bertolini - Taio nel XV e XVI secolo Vita di una comunità rurale, Comune di Taio 1993 – pagg. 186 e segg.
Fino ad oggi non è stata reperita una carta di regola specifica della villa di Tuenetto, ma il paese lo si trova, al pari degli altri, come soggetto protagonista delle regole che riguardavano i beni comuni delle Pievi di Torra e Taio come vediamo di seguito. Le carte
1513 Regola dei monti di Taio e Torra L’atto datato 4 giugno 1513, il cui originale è conservato presso l’archivio parrocchiale di Tres (copia in archivio parrocchiale di Torra autore Pietro de Tomasi), riguarda la regola della montagna di Predaia, Sclach, Rodeza e Corno (bosco, prato falciabile e pascolo). La Regola, suddivisa in 22 capitoli, fu redatta con lo scopo di mettere rimedio alla cattiva gestione della montagna a causa dei danni che si verificavano sia da parte degli animali che da parte dei confinanti sia vicini che forestieri (i pastori o segatori che risalivano il monte dal versante della Valle dell’Adige). L'antico documento mostra come l’amministrazione della montagna di Predaia (mons Pradaie) sia stata, da molti secoli, suddivisa in 4 colomelli e precisamente: primo colomello pertinente a Taio, secondo colomello a Tres, terzo colomello a Segno, Torra e Vion e quarto colomello spettante a Dardine, Mollaro, e Tuenetto. Ciascuno di questi colomelli eleggeva un proprio regolano: quindi a rotazione ogni anno due di essi concorrevano a ricoprire la carica di regolano del monte comune (nel caso del colomello formato da più paesi si provvedeva al suo interno a far ruotare la carica di regolano di colomello). Riassumendo gli aspetti peculiari della Regola del 1513 si nota che i regolani del monte (i due in carica annualmente) erano incaricati di convocare l’assemblea generale la seconda domenica di luglio nella villa di Vion. In particolare il consesso trattava della ripartizione e distribuzione delle sorti prative di Predaia e dei monti circostanti, la manutenzione della viabilità montana, l’esame delle denunce dei saltari. Gli uomini designati per il colomello di Dardine, Mollaro e Tuenetto in questa regola del 1513 furono Nicolò Morat di Tuenetto e Son di Dardine ([...]Nicolaus Morat de Tueneto et Sonus de Ardino, ellecti per regulanos dictarum villarum videlicet Ardeni, Molarii et Tueneti). Un terzo dei 22 capitoli riguarda espressamente i prati di montagna: sono dettate precise norme per le operazioni di segagione (fienagione). L’articolo 4 fissa l’inizio dello sfalcio il primo giorno dopo san Cristoforo (25 luglio). All’articolo successivo è fatto divieto di trasportare il fieno alla villa prima di tre giorni dall’inizio dello sfalcio, per dare il tempo a tutti di concludere i lavori di sfalcio onde evitare di danneggiare col passaggio dei carri gli appezzamenti non ancora falciati. Il resto degli articoli riguarda la manutenzione e l’uso delle strade, il taglio di legname, la regolamentazione delle calcare (forni della calce) e delle carbonare. 1556 Regolamento forestale per le ville di Mollaro, Segno, Torra e Tuenetto
Il documento datato 4 gennaio 1556 il cui originale in pergamena è conservato nell’archivio della Biblioteca Provinciale dei PP. Cappuccini di Trento, riporta il regolamento per lo sfruttamento delle risorse forestali delle ville di Mollaro, Segno Torra e Tuenetto dei boschi di Zirò, Bósc’, Dòs e Agnia. L’atto consta di 13 articoli e mette in evidenza la rilevanza assunta dal bosco come fonte di risorsa per l’economia delle comunità della Pieve di Torra. Basti dire che la maggioranza degli articoli dispongono il divieto di tagliare pini, querce, larici e abeti nei predetti boschi e la proibizione di far brocone, còleri e rolla. Altri articoli concernono la «saltaria» ovvero l’ufficio di guardia boschi che toccava a turno alle quattro ville consorti. La Regola era convocata ogni anno il 18 ottobre giorno di san Luca. Alla stesura della Regola davanti al notaio Simone del fu ser Antonio fu ser Nicolò Chini di Segno erano presenti Zanoto del fu Baldassare Morati di Tuenetto piccolo, regolano della detta villa, presenti e consenzienti suo fratello Giovanni, Eusebio figlio del fu Gaspare Morati, Eusebio figlio del fu Melchiore Morati ([...]Zanotus filius quondam Balthasaris Morati de Tueneto parvo regulanus villae dicti Tueneti parvi, presentibus Ioanne eius fratre Eusebio filio quondam Gasparis Morati, Eusebio filio quondam Melchioris Morati, consentibus). Un secondo regolamento forestale riguardante questi boschi fu elaborato nel 1697 mantenendo le linee generali del primo soltanto adattandole alla nuova situazione. La terminazione delle proprietà comuni sul monte Nei secoli XIII e XIV le comunità di Taio, Tres, Segno, Torra, Vion, Dardine, Mollaro e Tuenetto (formanti le pievi di Taio e Torra), erano comproprietarie di Predaia, Rodeza, Monte Corno, Via Nuova ecc. e vi furono diverse vertenze per la confinazione tra le due Pievi. Nel 1512 si ebbe la prima sentenza di confinazione di Predaia e Rodeza tra le comunità sopradette e quella di Vervò. L’anno successivo venne scritta e ratificata la carta di Regola del Monte comune delle Pievi di Taio e Torra. Nel 1581 una prima divisione della montagna di Rodezza, Corno e Talvaza tra la villa di Tres e le ville di Mollaro, Dardine e Tuenetto la cui stesura definitiva fu realizzata nel 1758:
Nel nome di Nostro Sig.re Gesù Christo, che così sia. Avvenga che (secondo il proverbio) le cose comuni per lo più, vengono comunemente neglette, quindi è che l’infrascritte Onorande Comunità delle Magnifice Pievi di Taio, e Tori hano concordemente stabilito e conchiuso di venire alla separazione, e divisione della loro montagna comune chiamata «Rodeza» se bene questa viene denominata con più e diversi nomi specifici, cioè del Monte del Corno di Rodeza, dei Piani della Malga, delle Sorti di Vianova, delle Prese, di Cimamónt, della Valle Alvaggia, o sii Talvagia, della Valle Ponìl ed altri nomi particolari quali ad ogni modo tutti si contengono sotto la maggiore della stessa montagna «Rodeza» che per l’adietro è stata goduta, e posseduta in communione dalle nominate Onorande Comunità in forma, e modo di quattro Collomelli; l’uno de qualli vien costituito, e formato dal Onoranda Comunità di Tres, il secondo dall’Onoranda Comunità di Taio, il terzo dalle Onorande Comunità di Segno, Vion, e Tori, ed il quarto dalle Onorande Comunità di Mollaro, Dardine, e Thuenetto.
Notiamo ancora che la ripartizione in quattro colomelli risale a tempi antichissimi e già nel documento del 1581 è annotato che:
[...]«iam multis annis et temporibus fuerit in libertate regulandi hominum et personarum ville Taii pro uno colomello, hominum et personarum ville Tresii pro uno alio colomello, hominum et personarum ville Signi, Turri et Vioni pro tertio colomello, nec non hominum et personarum villarum Ardeni, Molarii et Tueneti pro quarto colomello».
La questione tra Tres e le Pievi di Torra e Taio per Prà Colombai ― Prà Colombai era un possesso feudale che il Principe Vescovo aveva affidato all'uso comune delle Pievi di Taio e Torra e le prime controversie risalgono addirittura al XIII secolo in particolare tra Tres e Vervò. Fu comunque nel corso del XV secolo che scoppiarono violente contese tra gli uomini di Tres e gli altri paesi delle Pievi di Torra e Taio. Accadde che nel 1445 alcuni uomini delle Pievi di Torra e Taio si recarono armati sul monte Prà Colombai, poco sopra l’abitato di Tres sul confine con Vervò, con l’intento di osteggiare quelli di Tres che si reputavano gli unici legittimi proprietari del gazzo. Nonostante l’intervento dei saltari avevano cominciato a tagliare le piante e fu così che quelli di Tres inoltrarono un procedimento contro le comunità delle Pievi di Torra e Taio allo scopo di difendere quello che ritenevano fosse il proprio patrimonio boschivo. Dall’altra parte, in risposta a questa petizione, si sosteneva che Prà Colombai era da sempre un possedimento comune in uso collettivo con quelli di Tres. Per dirimere la lite si delegarono - “Iudices, Auditores, et Commissarii deputati” - Enrico di Morsperg (capitano generale della città di Trento in rappresentanza del Principe d'Austria, difensore dell'Episcopato tridentino), Nicolò Saibant di Egna e Giovanni da Fajedo (vicario della comunità di Cunisberg). I commissari recatisi sul luogo della controversia assunsero uomini onesti di provata fede ed amanti della verità per controllare i confini e le parti sottoposte al giudizio. Sentiti i testimoni ed esaminate le prove, la commissione stabilì che le molestie fatte dagli uomini delle Pievi di Taio e Torra fossero punibili con il pagamento di 100 grossi da versare nella cassa vescovile e che a Tres dovesse essere restituito il pieno possesso di Prà Colombai. Pronunciata questa sentenza le comunità pievane decisero di opporvisi, ma con sentenza definitiva del 25 maggio 1447 i giudici decisero di confermare la condanna alle comunità di Taio e Torra, unico loro diritto riconosciuto fu quello di transitare sul monte e nel gazzo per il trasporto del legnatico e del fieno come avevano sempre fatto. Con questo e altri successivi provvedimenti (rinuncia da parte di Vervò di diritto di pascolo al Prà Colombai nel 1763) si chiuse l'annosa vertenza del Prà Colombai che divenne proprietà esclusiva della Comunità di Tres. Alle altre comunità fu riconosciuto comunque il diritto di passaggio quando conducevano a valle il fieno o la legna come da sempre avevano fatto.
La vertenza per i monti Rodeza, Predaia e Monte Corno ― La controversia riguarda quel lembo di terra, compreso tra il Corno di Tres (mt.1812) e i burroni rispettivamente a sud e a nord, del torrente Pongaiola e del torrente Valle. Zona che fino all'età comunale era indivisa e le cui ricchezze della natura erano godute da tutte le comunità sparse sul versante della montagna. Questa organizzazione territoriale era soggetta a serie difficoltà di gestione comunitaria e da qui infinite controversie sul pascolo, sulla fienagione e sul legnatico. Con documento datato 1438 le ville di Taio, Tres e quelle della pieve di Torra (tranne Vervò) ricevettero l’immissione nel possesso del monte Rodeza da parte dei Thun come riconoscimento per i servigi prestati dalle comunità ai nobili di Castel Bragher. Trovandosi però questa località a confinare con le pertinenze di Vervò, sorsero subito questioni di confine che furono origine della lite scoppiata nel 1509 tra Vervò e le comunità delle Pievi di Taio e Torra. Poiché da tempo si verificavano risse e discordie per dirimere la contesa si decise di affidarsi ad una commissione di arbitri. Alla presenza dei sindaci e dei testi la commissione di giudici fissarono i termini di confine assegnando la parte meridionale della Rodeza a Vervò. Il problema si ripropose solo tre anni dopo, nel 1512, per l’uso del monte comune di Rodeza e della Predaia. Fu nominata una commissione arbitrale che il 12 settembre 1512 “non per viam iuris, sed per viam pacis et concordii” annullò la sentenza del 1509 e furono fissati nuovi termini. Con questa sentenza si procedette alla suddivisione della montagna nelle pertinenze delle singole comunità confermando antichi termini.
La vertenza del Bosco dei Còleri ― Il Bosco dei Còleri (nocciòli) è un'area di circa 200 ettari tra il torrente Pongaiola a est, il Noce ad ovest e a nord la piana di Mollaro. Come tanti altri possedimenti anche questo per stato per molti anni indiviso e goduto in comune tra tutte le comunità delle Pievi di Taio e Torra. Questo territorio e di quello del Cirò si fece regola nel 1556 tra le comunità di Segno, Mollaro, Tuenetto e Torra, anche qui in considerazione dei molti danneggiamenti arrecati al bosco da parte di vicini e di forestieri. Nel documento del 5 ottobre 1745 nel quale è ratificata la divisione del monte tra le comunità delle pievi di Taio e Torra si stabilì di procedere alla spartizione del bosco detto ai Còleri. Per l’uso di questo bosco già esisteva dal 1556 la Regola rinnovata nel 1697 (consigliere per Tuenetto Melchiore Melchiori) e tuttavia la frequenza delle controversie e l’incapacità di difendere il patrimonio boschivo spinsero alla convinzione che era meglio spartirsi pascoli e boschi in singole pertinenze. L’8 settembre 1741 i rappresentanti delle ville di Segno, Torra, Vion e Tuenetto si riunirono al Plan del Sant per discutere sulla distribuzione delle porzioni di selva (che secondo un antico costume venivano estratte a sorte). A Mollaro con le ville consorti di Torra e Tuenetto fu concesso il privilegio di scegliere la porzione che voleva, ma nonostante gli accordi le ville di Segno e Vion fecero causa contro questo beneficio. Tre anni dopo le ville giunsero alla divisione del bosco comune come era stato originariamente pattuito. Fissati i termini, la prima parte cioè quella nei dintorni di Mollaro spettò a Mollaro, Tuenetto e Torra, la seconda a Segno e Vion. Nel maggio 1771 il colomello di Mollaro, Tuenetto e Torra decise di spartirsi il bosco in due parti uguali. Alla comunità di Tuenetto spettò la parte di bosco dal termine della Borcola (o Crosara) fino al rivo Pongaiola verso Toss.
La divisione del Bosco del Cirò ― Il luogo detto Cirò è situato a nord del paese di Tuenetto un tempo era un’importante risorsa forestale e anche pascolativa per gli ampi prati alternati alla selva. Il Cirò a far fede agli antichi documenti sembrerebbe far parte delle pertinenze di Torra e tuttavia l’uso di questo territorio fu oggetto di contese senza fine tra le ville della pieve di Torra concluse solo con la sua divisione. La prima vertenza è attestata nel 1327 quando le ville di Torra, Vion, Segno, Mollaro, Tuenetto e Dardine fecero causa contro Priò perché gli uomini di questa villa impedivano a quelli delle prime di pascolare il bestiame nel luogo detto «le Mosnelle» come s’era fatto pacificamente per molti anni. L’arbitro nominato a dirimere la vertenza riconobbe alle ville della pieve di Sant’Eusebio lo “ius pasculandi” in comune con Priò, a cui riservò comunque il diritto di fare legna, di raccogliere pietre e tutte le altre attività silvestri tranne frattare, zappare e arare. In seguito fino al 1509 non vi sono altre informazioni sull’uso del Cirò. In questo anno furono piantati i termini del bosco con i vicini di Tres. I beni appartenuti agli abitanti di Malgolo (il villaggio che si presume si trovasse nelle pertinenze della pieve di Torra) erano divenuti proprietà di Tres i quali uomini oltrepassavano regolarmente i termini per far legna e pascolare nel territorio di Torra. Per evitare lungaggini processuali, le parti decisero di venire ad un compromesso e si rivolsero a degli arbitri che ebbero l’incarico di fissare i termini di confine. Considerate tutte le carte e le posizioni il collegio arbitrale delimitò le proprietà. Questa sentenza non venne però accolta dagli uomini di Tres che la ritenevano svantaggiosa e il 16 aprile del 1510 il Capitano generale delle valli emise una seconda sentenza che però ricalcava sostanzialmente la prima. Il regolamento del 1556, che riguardava anche il Cirò, non impedì che nel 1611 insorgesse un’altra lite tra i vicini di Priò e quelli delle altre ville. Il motivo del contendere fu ancora quello riguardante il diritto di pascolare nella località «le Mosnelle» per le ville della pieve di Torra. Esaminate tutte le testimonianze, vista la sentenza del 1327, Priò fu condannato al pagamento dei danni subiti dalle ville della pieve di Torra per le illegittime pignorazioni fatte. Anche il Cirò analogamente al bosco dei Còleri fu spartito tra le varie comunità con documento datato 27 settembre 1745. Attualmente i beni ad uso della frazione di Tuenetto sul Cirò corrispondono alle particelle 1469/5 sul comune catastale di Priò, 545/2, 532, 533 e 534 sul comune catastale di Torra.
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