È del tutto inutile inoltrarsi con qualsiasi ipotesi in merito allo stato dei nostri paesi nell'età preistorica e nei secoli che precedettero la dominazione romana. Certamente erano inesistenti almeno così come si presentano oggi; infatti uno dei caratteri particolari dell’uomo preistorico era il nomadismo e quando un luogo non soddisfaceva i suoi bisogni andava alla ricerca di nuovi luoghi da sfruttare. Solo con l’esercizio dell'agricoltura e dell'allevamento degli animali, l'uomo, non dovendo più spostarsi per nutrirsi, diede vita ai primi villaggi. Non che sia mancante una storia primitiva dell'Anaunia e in questo senso prezioso è il contributo del Museo Retico a Sanzeno, che presenta moltissime testimonianze archeologiche dalla preistoria all’altomedioevo e al quale noi rimandiamo per un approfondimento qualificato. Clicca sul bottone: MUSEO RETICO DI SANZENO
Testimonianze del dominio romano sono disseminate in tutta la valle di Non. La scoperta più celebre, in relazione a quell'epoca, è la Tabula Clesiana reperto rinvenuto nel 1869 a Cles; esso documenta che l’imperatore Claudio concesse la cittadinanza romana agli Anaunorum et Tulliassium et Sindunorum, le popolazioni che si ritiene fossero stanziate in valle.
Più di un dubbio sull'autenticità del reperto ha espresso Paolo Odorizzi nel suo studio «La Val di Non e i suoi misteri - vol. I». A pagina 55 della sua indagine, solleva diversi sospetti arrivando a definire la Tabula Clesiana, addirittura un «falso clamoroso»; non avendo alcun titolo per argomentare noi non ci spingiamo più oltre. Vai alla fonte.
Di notevole interesse sono anche i ritrovamenti avvenuti a Vervò sede di uno storico castelliere con relativa guarnigione militare, posto a guardia dell’antica via di comunicazione di origine preistorica.
Sul ritrovamento di 17 iscrizioni di epoca romana, (di cui 16 sacre e 1 funeraria) avvenuto tra XVIII e XIX secolo a Vervò si consulti il volume edito dall'ex Comune di Vervò «Il romano Vervassium» di Domenico Gobbi.
Nei luoghi più vicini a Tuenetto, l'archeologo Giacomo Roberti cita nella sua carta archeologica il ritrovamento avvenuto a Taio nel 1886, di alcune sepolture con relativi corredi di ceramiche, lucerne e monete risalenti al I e III secolo a.C. Sembra non esserci dubbio che Segno sia stata in origine una piccola stazione militare romana; a testimonianza ci sarebbe lo stesso nome del paese, (Signum); ma c'è soprattutto il toponimo Torrazza nelle vicinanze del paese, sul quale sarebbe sorta una torre romana. Ulteriori testimonianze d'epoca romana furono scoperte nei pressi del medesimo luogo. Di minore rilevanza, ma pur sempre indicativo, il rinvenimento di un'anfora vinaria in argilla di produzione italica (del tipo Dressel 3) databile I secolo d.C. alta 63 cm. e con diametro superiore di 35,5 cm. rinvenuta nel luglio del 1959 durante la costruzione della strada di collegamento tra Mollaro, Torra e Vion (l'anfora è conservata presso la chiesa di S. Sigismondo di Vion). A detta della gente, all'interno del vaso si sarebbero rinvenuti anche dei monili il cui destino è ignoto. Chissà se sulla balza ove poggia Tuenetto vi fosse ai tempi di Roma qualche insediamento umano; non è dato di sapere nulla in merito. Va detto tuttavia che autorevoli studi sulla viabilità dell'Anaunia ai tempi celtico-romani, hanno individuato un tracciato che dalla Rocchetta, dopo aver toccato Dercolo, Quetta e attraversato le Ischie di Denno, su una passerella sopra il Noce, raggiungeva la piana di Mollaro per salire al passo Predaia transitando sul territorio di Tuenetto. Alquanto suggestiva l'ipotesi dell'esistenza di una torre a Tuenetto (forse a guardia della strada che portava alla Predaia?), congettura che si fonda su un'antica carta che appunto parla di una Tor di Tuenetto, ma è bene non dire di più e lasciare che ciascuno favoleggi come vuole. Una curiosità letteraria: l'illustre cittadino di Tuenetto, don Angelo Melchiori, cantando dell'antica storia d'Anaunia evocava la presenza di Roma scrivendo:
…fra queste selve, che l’acuto aroma versano ai venti dalla folta chioma squillò a battaglia la romana tromba: oggi ne giunge ancor da qualche tomba aperta l’eco dell’antica Roma. Latino è il nostro suolo e il nostro sangue, qui noi pose natura a questa terra custodi, final forza che non langue.
L'anfora romana rinvenuta a Vion nel luglio del 1959 e conservata nella Chiesa di San Sigismondo a Vion
Mappa dei ritrovamenti di resti longobardi nel Trentino
Con la fine del dominio romano irrompono nel territorio trentino altre popolazioni. Prima i Goti poi gli Ostrogoti (Austrogoti), e sul finire del VI secolo d.C. i Longobardi a loro volta scalzati dai Franchi. Per quanto riguarda il periodo Longobardo, le fonti documentarie sono poverissime. Si sa per certo che in età longobarda Trento era un ducato, anzi uno dei ducati più antichi e che la regione ebbe una notevole importanza in quanto frontiera con il mondo germanico. È in questa fase storica che si inserisce la nota vicenda del Castrum Anagnis collocato "ai confini d'Italia" dallo storico Paolo Diacono autore della «Historia Langobardorum». Riportiamo il paragrafo 9 del terzo libro nella traduzione a cura di Tommaso Albarani:
9. In quel tempo, all'arrivo dei Franchi, la città fortificata di Nanno, che si trovava nella parte alta del Trentino (val di Non), si consegnò a loro. Per questo il conte longobardo di Lagare (val Lagarina), di nome Ragilone, arrivò a Nanno e la saccheggiò. E mentre tornava con il bottino, fu ucciso con moltissimi dei suoi dal duca franco Cramnichis, che gli sbarrò la strada a campo Rotaliano (in val di Ral ?). Non molto tempo dopo, Cramnichis arrivò a Trento e la saccheggiò. Evin, duca di Trento, lo inseguì in un luogo chiamato Salorno, lo uccise con i suoi compagni e lo spogliò di tutto il bottino: cacciati i Franchi, riconquistò il territorio di Trento. Per la ricostruzione di questo evento, Paolo Diacono, si basò su uno scritto dell'abate Secondo di Non (o da Trento).
Il fatto riguarda l'occupazione, da parte dei Franchi, dell'Anaunia (Castrum Anagnis) subito riconquistata dai Longobardi guidati dal conte Ragilone "de Lagare", che sulla via del ritorno fu nuovamente sconfitto sulla piana di Mezzolombardo. Questo avvenimento portò alla guerra aperta tra Longobardi e Franchi che si concluse con la temporanea sconfitta di questi ultimi. Il governo Longobardo doveva tuttavia concludersi - sempre ad opera dei Franchi - quando Carlo Magno, ebbe il dominio dell'intero Trentino nell'anno 774.
Nel 2022 un contributo sulla questione, pubblicato da Paolo Odorizzi, propone un'inedita ipotesi spiegata nel seguente rimando: Paolo Odorizzi - Ecco dov'è l'Anagnis Castrum
A parte queste scarne notizie su quel periodo storico del Trentino, sulle vicende nonese pesa un sostanziale silenzio. Tracce di queste popolazioni si rinvennero anche nella Pieve di Torra; nell'area archeologica di Vervò furono reperiti alcuni oggetti di epoca barbarica e solo da poco attribuiti al periodo longobardo (in particolare un paio di orecchini d'oro di pregiata manifattura); nel 1902 fu trovata la sepoltura di un uomo con una spada longobarda e nel 1960 un altro ritrovamento di tombe risalenti alle età barbariche.
M.B.Chini, Memorie delle Comunità di Segno e Torra, pag.32.
Che si sappia, al momento, nessun altro fatto documentato può collegare il territorio della Pieve e men che meno di Tuenetto a quel torno di tempo.
Durante il governo dei Franchi vi fu un generale rafforzamento dell'autorità dei vescovi a causa della crisi dell'Impero e delle sue strutture istituzionali. Questo quadro favorì l'affidamento - da parte dell'imperatore Corrado II detto il Salico il 31 maggio 1027 - al vescovo di Trento il potere temporale nelle contee di Trento, Bolzano e della Venosta.
Sull’autenticità del diploma attribuito a Corrado II, detto il Salico, datato 27 maggio 1027, sono state sollevate diverse obiezioni da eminenti studiosi di storia (Pio Chiusole, Desiderio Reich e Giovanni Cicolini). In particolare Pio Chiusole, sulla base di intelligenti argomentazioni, afferma di essere Enrico IV (Imperatore dal 31 marzo 1083) il vero donatore della contea di Trento al Vescovo. (P. CHIUSOLE, Fu proprio Corrado II a fondare il Principato vescovile di Trento? - «Studi trentini di scienze storiche», 45/4 (1966), pp. 286-297).
Il Principe vescovo si avvaleva di una cosiddetta avvocazia ― una sorta di protezione ― affidata ad una famiglia di rango nobile. La più celebre delle famiglie che ricoprirono l'incarico fu quella dei conti di Tirolo-Gorizia (i quali rovesciando il rapporto di sudditanza connesso all'incarico, lo trasformarono in uno strumento di controllo sui vescovi scatenando una concorrenza spietata per il potere tra il vescovo e i conti). L'organizzazione del potere vescovile era così strutturato: il Vicedomino (o avvocato o viceconte) che in caso di assenza o di malattia del Signore ne faceva le veci. Subalterne al Principe e al Vicedomino erano le gastaldie, capeggiate dal gastaldione. Partendo dall'alta Val di Sole e scendendo lungo il corso del torrente Noce, le sedi di gastaldia erano Ossana, Malè, Livo, Romeno, Cles e Mezzolombardo. Quest'ultima comprendeva i paesi della bassa valle. La rarità di fonti documentarie non consente di affermarlo con certezza, ma forse i piccoli paesi della Pieve di Torra erano sottoposti alla gastaldia di Mezzolombardo. La gastaldia era divisa in più scarie con a capo lo scarione che all'interno del suo territorio aveva pressapoco le stesse funzioni del gastaldione. Se ne trova traccia, tra queste, della scaria di Segno (V.Inama, pag. 102). Le scarie erano a loro volta suddivise in deganie, ma col tempo queste piccole circoscrizioni scomparvero. Tentando di spingere lo sguardo in quei remoti secoli alto-medievali, di memorie, scritture o reperti riguardanti Tuenetto non vi è alcun indizio. Ammettendo che a quel tempo il paese fosse esistito in chissà quale forma (e sarà esistito se solo si considera che nascono in quell'epoca le Pievi tra cui quella di Torra), avrà sicuramente condiviso con i villaggi vicini le sorti politiche, economiche e sociali del resto della Valle. Le Pievi
Ecclesiasticamente la suddivisione territoriale trentina era frazionata in Pievi, circoscrizioni che avevano al centro una chiesa a cui il popolo faceva riferimento per il battesimo, la sepoltura e altri aspetti liturgici oltre che il pagamento di decime. Le chiese minori che sorgevano in ogni villaggio facente parte della Pieve, erano soggette alla Chiesa madre. All'inizio del secondo millennio esistevano nella Diocesi di Trento una settantina di Pievi (cinquanta se si considera solo l’attuale territorio trentino). Tuenetto faceva parte della Pieve di Torra, certamente una delle più antiche del Trentino. Sull'antichità della Pieve di Torra alcuni narrano che affondi le sue radici addirittura al tempo di san Vigilio. Don Leone Franch scrive: «È verosimile che le prime pievi siano state quelle di Sanzeno, Cles, Torra, Denno e Sarnonico che erano costituite già nel secolo V: qualcuna di esse da San Vigilio stesso tutte presto dopo la morte gloriosa dei nostri Santi Martiri».
Marco Benedetto Chini, afferma che la chiesa «[...] fu consacrata curaziale nell’anno 1000 dal vescovo Rinoaldo de Caldes. Fin d’allora era intitolata a s. Eusebio, prete romano del sec.V; fu elevata a pieve nel 1128 (secondo alcuni, secondo altri due secoli dopo)».
E tuttavia la più antica notizia che si conosce risale al 1295. Il documento si riferisce alla “Plebs Sancti Heusebii” e parla di un “Dominus Avinantus plebanus”. Una conferma indiretta della remota fondazione della chiesa di Torra si ha da una annotazione del «Libro III dell'intrate della venerabile Parrochiale di S. Eusebio» dalla quale risulta che nel 1755 venne rifusa una campana che aveva la seguente originaria iscrizione:
«Xtus vincit. Xtus regnat. Xtus imp. Amen. Renovata anno Xti milesimo hac campana Eccl. P.S. Huseby de Thuro» (Cristo vince, Cristo regna, Cristo impera. Rinnovata questa campana della Chiesa di S.Eusebio di Torra anno di Cristo mille).
In ogni caso la Pieve di Torra viene menzionata a partire dal XII secolo e non si è certi delle ipotesi della sua esistenza in epoche anteriori. A partire dalla sacra visita del Principe vescovo Bernardo Cles del 1537 le notizie sulla Pieve sono più abbondanti. Nella relazione della sacra visita del Cles si legge che la pieve di Torra
«habet etiam dicta plebs capellas infrascriptas, videlicet in villa Molari capella sancti Marci, in villa Dardani capella sancti Marcelli, in villa Priodi capella sancti Michaelis, in villa Vervodio capella sancti Martini, in villa Vioni capella sancti Sigismundi, in villa Signi Beatae Maria Virginis».
Il documento circoscrive l’ampiezza della Pieve che comprendeva otto villaggi: Torra, Segno, Mollaro, Vion, Dardine, Priò, Vervò e Tuenetto, anche se quest’ultimo non è ricordato, quasi certamente perché la chiesa del paese, che pure si ritiene presente anche se in forma di rozza cappella, non fosse consacrata. Tale estensione si mantenne fino ai primi decenni del secolo scorso. La chiesa è intitolata a Sant’Eusebio (la cui memoria è il 14 agosto) è frutto di una completa ricostruzione compiuta tra il 1618 e il 1624 (la data compare sopra il portale della chiesa). L’ultimo arciprete fu Antoniolli Francesco che resse la Pieve dal 1929 al 1956. Nel 1968 pur conservando l’ente parrocchiale, Torra fu attribuita a Segno; nel 1982 la cura pastorale di Torra fu ripresa da una Comunità monastica benedettina (Camaldolesi) che la esercitarono fino al 1993. Tuenetto fu parte della parrocchia di Torra fino al 1975; il 30 novembre di quell'anno, prima domenica d’Avvento, la villa di Tuenetto fu smembrata dalla Parrocchia di Torra e aggregata a quella di san Marco di Mollaro.
Organizzazione politica del governo vescovile
Circoscrizione dell'antica Pieve di Torra (Tratto da: M.B.Chini, Memorie delle Comunità di Segno e Torra)
Torra e la sua antica Chiesa arcipretale
Assai precocemente, anche se le circoscrizioni vescovili rimarranno ancora per molti secoli, i singoli villaggi acquisirono dal punto di vista amministrativo un'autonomia specifica. Sulla genesi dei comuni rurali sussistono varie ipotesi. È probabile che sia stata l'esigenza di gestire in comune i diritti sull'uso dei pascoli e del bosco. Altri storici affermano che i comuni rurali nacquero dalla necessità di avere strutture difensive all'interno di uno stesso circondario. In ogni modo sono numerosissime le comunità che a partire dal XIII secolo si dotarono di Carte di Regola per la gestione del patrimonio comune. In esse erano contenute tutte le norme che definivano in modo preciso tutti i momenti della vita contadina: il tempo del taglio del fieno, il taglio del legname, il come e dove accatastare la legna tagliata, le modalità del pascolo del bestiame. Tra le numerose Regole giunte sino a noi, non se n'è reperita una attinente a Tuenetto e tuttavia è lecito ritenere che anch'esso abbia avuto la sua. Peraltro nella serie di documenti regolanari che va dal XIV e XVI sec. riguardanti la Pieve di Torra si dimostra che la villa di Tuenetto, era riconosciuta come comunità autonoma e aveva la sua parte nell’approvare le regole sulle proprietà boschive e prative in comune con i villaggi vicini. Un atto datato 1 agosto 1312 concernente la divisione del monte Predaia, è specificato chiaramente che esso era diviso tra le comunità di Coredo, Smarano, Sfruz, Tres, Segno, Torra, Vion, Mollaro e Tuenetto fino oltre il Corno di Tres ai confini con Favogna. Di queste questioni con rigore storico si tratta in «AA.VV. Taio nel XV e XVI secolo - Vita di una comunità rurale, Comune di Taio 1993.»
Visita la pagina Le Carte di Regola
La storia del Principato vescovile specie nei primi secoli si contraddistinse per le lunghe lotte tra i sostenitori del papato (guelfi) e i fedeli all'imperatore (ghibellini). Oltre a ciò altre sciagure, in particolare le frequenti pestilenze, ridussero la popolazione trentina e quella nonesa, alla miseria portando con se malcontento e odio nel corpo sociale. Dopo che Mainardo I di Tirolo-Gorizia fu investito dal vescovo dell'avvocazia (alla metà del XIII sec.) il suo potere crebbe sempre di più e con esso l'instabilità politica della contea tirolese. La violenta contrapposizione tra vescovo e conte del Tirolo, proseguita anche con Mainardo II, terminò con la morte di quest'ultimo (1295) quando, seppur tortuosamente, si ristabilì il potere vescovile. In questo contesto pure i rapporti tra le famiglie di nobili e i Comuni erano degenerati e, nonostante qualche timido tentativo di pacificazione da parte del Vescovo, queste condizioni non cessarono. Alle contese tra i nobili rurali e i Comuni si aggiunsero quelle tra le famiglie nobili dei castelli tutte bramose di arricchire. Per porre qualche rimedio a questa situazione nel 1330 fu sancita una pace con un atto steso in Taio che avrebbe dovuto durare un quinquennio. Il documento di questa pace è conservato nell'Archivio dei Conti Thun di Teschen in Boemia. Vigilio Inama riassume e trascrive l'elenco di tutti i contraenti nel suo volume Storia delle Valli di Non e di Sole a pag. 200:
Dns Manfredus de castro Clesio, Vilelmus de Sancto Hippolito, Ribaldus de Runo (Rumo), Bertoldus de Romalo, Dni Vilelmus, Nicolaus, Varnandus de Arsio, Dni Sicherius (col suo figlio naturale Vilelmus e i fratelli Holi (?) et Ancius de Malusco, Dni Simon (2°), Bertoldus, Simon (3°) de Tono - Ser Ropretus de Tueno, Ser Oluradinus de Molario, Franciscus et Odoricus de Tajo, Ser Conradus de Tassullo, Petrus de Rallo, Pedracius de Caldesio, Magister Conradus de Revò, Morus de Romeno, Federicus et Conradus de Coredo, Bertoldus F. Odorici de Arso et Varnerius de Caldesio.
Nell'atto, tra i contraenti dell'accordo, figura dunque un ser Ropretus de Thueno. Lo storico Paolo Odorizzi, afferma che questi fosse appartenente alla nobile stirpe di Notai di Tuenetto (de Thueno). L'ipotesi è da trattare con la massima prudenza. Essendo Ropretus, citato alla pari con personaggi appartenenti alle più illustri famiglie nonese del tempo, tutte con castello, parrebbe inverosimile e tuttavia, anche alla luce di quanto sostiene l'Odorizzi circa la stirpe dei Tuenetto (de Thueno) di cui si parla nei capitoli Le origini del nome e Tuenetto e Castel Bragher, non del tutto inaccettabile.
Mainardo II conte di Tirolo-Gorizia
Tavola genealogica dei Domini de Thueno (Tratto da: P. Odorizzi, La Val di Non e i suoi misteri V.1)
Il XV secolo si apre con una condizione economica della popolazione piuttosto misera a causa delle vicende tumultuose e varie calamità. Si sa che anche Tuenetto fu interessato da una pestilenza nel 1439 e di questo si parla nel capitolo «Tuenetto e la peste». La sicurezza era precaria. Sulla caccia e sulla pesca i diritti erano ancora una volta appannaggio dei nobili castellani e spesso anche queste erano causa di sommosse popolari. È il secolo della rivolta di contadini guidata da Rodolfo Belenzani all'inizio di febbraio del 1407 a Trento alla quale seguirono moti di ribellione anche in Valle di Non e di Sole. Le motivazioni di questo perenne malcontento erano sempre le stesse e c'è da aggiungere il comportamento iniquo degli impiegati vescovili che commettevano sopraffazioni d'ogni tipo. In valle di Non appena sbollite le ire rivoltose, esiliati gli agitatori, tutti gli altri furono perdonati e anzi il vescovo confermò i privilegi che godeva la valle e che rimasero in vigore per tutto il secolo. Il territorio della Valle di Non era fortemente frammentato e la famiglia Thun, che tanta importanza riveste nelle sorti di Tuenetto, aveva acquisito la supremazia. A complicare questo quadro politico-economico si inserì la guerra che l'Imperatore e Conte del Tirolo Massimiliano intraprese contro La Repubblica di Venezia e che costò notevole sforzo finanziario da parte dei sudditi. Rarissime le notizie su Tuenetto, ma tra queste ve n'è una che riveste una certa importanza in quanto attesterebbe la discreta influenza della nobile famiglia di Notai di Tuenetto:
«1438, 29 giugno festività dei SS. Pietro e Paolo, in Dermulo, Sigismondo fu Simone di Thunn, a nome proprio e del fratello Antonio, affidò alle comunità di Tres e Vion, Segno e Torra, Dardine, Mollaro, Tuenetto e Taio la regolania che a suo tempo esercitava Ottone di Tuenetto. In rappresentanza di Tuenetto e Mollaro era presente Daniele del fu Giovanni «sindico delle ville di Molaro e Tuyeno» quando regolano era Federico fu ser Ottone de Tuyeno (Tuenetto). AA.VV. - Taio nel XV e XVI secolo - pag. 272
Le crescenti richieste di uomini e denaro (rastrellato mediante le famose steore o talioni) da parte dell’arciduca Sigismondo d’Asburgo prima e dall’imperatore Massimiliano I poi, in qualità di conti del Tirolo, determinarono la disputa fra le comunità che si ritenevano «gravate» dal fisco rispetto ad altre, meno afflitte e dette appunto «non gravate». Ci volle una commissione composta dal Capitano e dall'Assessore della Valle per giungere ad una soluzione passata alla storia come «Sentenza Compagnazzi» (dal notaio che la stese Gerolamo di Alessandro Compagnazzi di Tuenno). Il giudicato stabiliva quanto in denaro o in soldati ogni pieve dovesse contribuire in caso guerra e regolò i privilegi dei nobili rurali. La sentenza Compagnazzi rimase in vigore fino alla secolarizzazione del Principato all'inizio dell'800, sollevando pure qualche controversia ancora durante il XVIII secolo; emblematica in questo senso, è la situazione di Mollaro che nonostante la riduzione da 20 a 3 «fuochi fumanti» per via della peste si trovava a pagare per 7,5 fuochi. Per un approfondimento di questa sentenza e per la definizione di «fuochi» si veda Qui In questi anni la Chiesa tridentina era retta da Bernardo Cles (1485-1539), nominato Cardinale nel 1530. Il cardinale Cles fece ogni sforzo per far designare Trento a sede del Concilio e ci riuscì felicemente, non potendo tuttavia assistere, nel novembre del 1542, all’ingresso dei primi messi pontifici. La chiesa di Tuenetto per Bernardo Clesio, o forse meglio per i suoi funzionari, non esisteva; nella visita pastorale del 1537 infatti, (come s'è già detto) non si fa alcuna menzione di una chiesa nel paese mentre si descrivono dettagliatamente quelle delle altre ville della Pieve di Torra. Cionondimeno la presenza a Tuenetto di una cappella è quasi certa, in quanto la comunità esisteva da molto tempo; forse si trattava di una cappella non consacrata oppure in uno stato deplorevole e per questo trascurata dai visitatori vescovili, e però ancora una volta Tuenetto sembra essere poco più di un maso. Per dare un'idea della vita nella Pieve sul finire di questo secolo si riporta il documento datato 10 novembre 1591 col quale le comunità di Segno, Torra, Vion, Mollaro e Tuenetto strinsero una convenzione riguardante la manutenzione della via imperiale che si deve tener agibile sia d’inverno che d’estate, con l’obbligo di sistemare un “pigagno” (ponte di tronchi) per i passanti; le comunità potranno tagliare il legname necessario per il detto ponte nei “gazi” là esistenti. Si tratta del documento più antico dell'ex-archivio comunale di Tuenetto oggi conservato presso la Biblioteca comunale di Taio, che testimonia se non altro, la piena dignità e autonomia del Comune di Tuenetto. A Bernardo Cles, successero i quattro vescovi Madruzzo il primo dei quali, Cristoforo, da poco eletto cardinale, profuse ogni energia per accogliere i legati papali del celebre Concilio tridentino inaugurato nel 1545 che si svolse in tre fasi e terminò nel 1563. Sotto il governo di Carlo Gaudenzio (terzo dei vescovi Madruzzo) nel 1614, a Coredo venne incarcerata Anna Portolana di Toss detta «Thuenetta» vittima del clima culturale che produsse la caccia alle streghe e il cui soprannome, a nostro parere, ne indica la provenienza. Il 10 giugno 1645 nacque a Segno Eusebio Francesco Chini missionario gesuita tra il Messico e gli Stati Uniti. Per la sua attività scientifica in campo cartografico e astronomico è riconosciuto come uno dei padri dell’Arizona ed è presente nel Famedio di Washington (unico tirolese di lingua italiana). Come missionario fondò più di venti missioni tra il Messico e gli Stati Uniti palesando notevole capacità nel realizzare una relazione dignitosa fra i popoli indigeni e l'istituzione religiosa che rappresentava. Morì a Magdalena de Kino (Messico) il 15 marzo 1711. Clicca sul bottone per conoscere PADRE KINO
La mappa rivela la frammentazione amministrativa del territorio noneso; Tuenetto è un'enclave appartenente ai Thun di Castel Bragher. (Tratto da: https://www.tirol.gv.at/it/)
Palazzo Nero a Coredo sede del processo alle streghe
Maria Teresa d'Asburgo (1717 – 1780)
Il XVIII secolo si apre con la guerra di successione spagnola che implicò i maggiori stati europei e che coinvolse nel 1703 anche la città di Trento. Nel settembre di quell’anno, sotto il vescovato Giovanni Michele Spaur, la città fu sottoposta all’assedio del generale Vendôme. Nel 1740 al trono d’Austria e Ungheria salì Maria Teresa. L’era teresiana ebbe un’importanza centrale per il Principato Vescovile. Durante il suo regno e quello del suo successore Giuseppe II, vi furono importanti cambiamenti. In questo il Principato di Trento conservò la sua autonomia. Novità importante introdotta dalla sovrana d’Austria fu il Catasto (il noto Catasto teresiano), un censimento di tutte le proprietà fondiarie, che ammodernò lo stato, convincendo i sudditi a contribuire secondo il dovuto e togliendo ingiusti privilegi feudali. Accolta all’inizio con disappunto da parte delle comunità locali, altra riforma di grande rilevanza fu quella scolastica. Questa innovazione rese illustre e onorata la sovrana nei secoli successivi; emanato nel 1774 questo provvedimento doveva garantire a tutti la capacità di leggere, scrivere e far di conto. Le conseguenze della riforma sono ben documentate anche nella Pieve di Torra in quanto ogni piccolo paese ebbe la sua scuola (ad esclusione di Vion e Tuenetto aggregati rispettivamente a Torra e Mollaro). A Tuenetto in quell'epoca si ampliò la chiesa di san Rocco aggiungendovi il coro, ad opera del «maestro muraro Sisinnio Rossi» di Piano di Sanzeno che iniziò i lavori il 22 aprile 1765. L'allora Principe Vesvovo Cristoforo Sizzo concesse 40 giorni d' indulgenza a tutti coloro che visitavano la chiesa nel giorno del patrocinio (16 agosto), tutte le feste dedicate a Maria e il secondo giorno delle rogazioni. Un'importante atto per Tuenetto fu sottoscritto con le frazioni di Mollaro e Dardine nel 1758 col quale fu frazionato il 4° colomello costituito nella carta di Regola del 1513; ciascuna frazione ebbe la sua parte delle proprietà comuni.
Le vicende storiche del Principato di Trento volgono al termine. Fu durante l'episcopato di Pietro Vigilio Thun, eletto nel 1776, che tramontò il governo del Principe vescovo, nonostante l'azione ammodernatrice da lui avviata (compresa la riscrittura dello Statuto di Trento di epoca clesiana, compilato da Francesco Vigilio Barbacovi di Taio, ma mai attuato). Il principato vescovile di Trento, dopo quasi 800 anni di storia cessò di esistere nel 1803. La guerra europea scatenata dalla rivoluzione francese investì il Principato e con esso anche la Valle di Non. Nei pochi anni a cavallo tra il XVIII e XIX secolo accaddero avvenimenti tanto repentini quanto capovolgenti. Nel settembre 1796 l’occupazione francese del Trentino, dal 12 novembre di quello stesso anno fino al 29 gennaio 1797 il Trentino è soggetto all’occupazione austriaca; dal 30 gennaio al 10 aprile 1797 ritorna ancora l’occupazione francese; sono mesi convulsi e dal 10 aprile 1797 al 6 gennaio 1801 il territorio trentino è di nuovo sotto l’occupazione austriaca per ritornare dal 7 gennaio al 17 aprile 1801 nuovamente sotto i francesi; dal 18 aprile 1801 al 5 novembre 1802 il Trentino venne affidato dai francesi ad una reggenza Capitolare, alla quale posero fine le truppe di casa d’Austria e dal 6 novembre 1802 e fino al 25 dicembre 1805, il Trentino passa sotto l’imperatore Francesco I; frattanto il 4 febbraio 1803, fu sancita la secolarizzazione del Principato Vescovile che fu annesso all’Austria e unito alla provincia del Tirolo; con la Pace di Presburgo (l’attuale Bratislava capitale della Slovacchia) del 26 dicembre 1805 il Tirolo con il Principato di Trento fu annesso al Regno di Baviera schierato con Napoleone. Il Trentino dovette affrontare tre anni di amministrazione fortemente centralizzata sul modello francese. La soppressione degli antichi diritti gelosamente custoditi per secoli, la sottomissione della Chiesa allo stato, la coscrizione militare, operate dal governo filo-napoleonico bavarese, scatenò la sollevazione popolare. A capo di questa rivolta fu Andreas Hofer detto il General Barbón. Fu una sommossa che coinvolse tutte le valli sia trentine che altoatesine. Andreas Hofer ebbe un forte legame anche con la Valle di Non; nel 1809 nel culmine della rivolta venne di persona in Valle per verificare la situazione politico-militare. Passò da Revò dove incontrò i rappresentanti dei comuni delle valli del Noce, passò poi a Cles sempre accolto con tutti gli onori col suono delle campane a festa. Dopo alterne vicende, abbandonato persino dagli Asburgo, Hofer finì prigioniero e scortato a Mantova dinanzi al tribunale militare e il 20 febbraio 1810 fu condotto davanti al plotone di esecuzione. I funerali del General Barbón furono celebrati nella chiesa mantovana di San Michele e sepolto nel vicino cimitero. La salma di Andreas Hofer fu in seguito trafugata e sepolta dal 1823 nella Hofkirche a Innsbruck. Il 28 febbraio 1810 col Trattato di Parigi la Baviera cede il Trentino al Regno Italico; nel 1814 l’Austria ottiene l’annessione del Tirolo unitamente all’ex Principato di Trento che venne a far parte della Contea del Tirolo. Nel descrivere quest’epoca la gran parte degli studiosi che si sono occupati della Val di Non, sono concordi nell’affermare che nonostante un oggettivo miglioramento dell’organizzazione amministrativa del territorio, il malcontento popolare era divenuto insopportabile.
Una notizia marginale aiuta a ricostruire l'ambiente storico dell'epoca: nel 1802 il 26 di marzo in piena epoca napoleonica Simone Melchiori, regolano di Tuenetto risulta tra i firmatari di una petizione contro i comportamenti dei "sbirri" (uomini armati che vessavano la popolazione in quegli anni burrascosi). A parte la curiosità per il piccolo fatto, c'è da notare che Tuenetto continuò a mantenere la continuità della vicinia (ovvero la prerogativa di comunità di vicini dotata di proprietà terriere comuni) che risaliva come minimo al 1300 e che durò di fatto fino alla abolizione delle Regole. F.Turrini, Le chiese di Mollaro e Tuenetto, p. 81
Nel 1804 il territorio trentino fu suddiviso in due Circoli: Trento e Rovereto. La Valle di Non era soggetta a quello di Trento che comprendeva 24 distretti amministrativi, tra i quali v'era il Giudizio di Thun, Tuenetto e Masi di Vigo. Con la sconfitta della rivolta hoferiana e la stipula della Pace di Schönbrunn del 1809, il Trentino fu annesso, come detto, al Regno italico formando il dipartimento dell'Alto Adige. Questo fu diviso in cinque distretti: Trento, Cles, Bolzano, Rovereto e Riva a loro volta suddivisi in 20 cantoni. Il distretto di Cles fu ripartito in sei cantoni: Denno, Spormaggiore, Coredo, Vigo, Taio e Torra. Il municipio di Torra contava 1.516 abitanti e riuniva otto comuni Segno, Vion, Tuenetto, Mollaro, Priò, Vervò, Dardine e appunto Torra. Una nota compilata dall'Intendenza di Finanza di Trento nel 1810 in base ai dati statistici circa il consumo e il commercio forniti dai sindaci del Dipartimento dell'Alto Adige diceva:
«Al cantone di Denno con 9.431 abitanti, si calcola un reddito complessivo di Lire 7.010 osservando che il comune di Denno capoluogo di discreto commercio e passaggio rende Lire 5.106, cioè Lire 2 per abitante, mentre le altre comuni rimangono fuori di strada e conseguentemente l'esercizio de' dazi è di tenue entità. I comuni dipendenti erano Spormaggiore, Coredo, Vigo con i Masi, Taio e Torra».
Se l’età napoleonica ebbe il merito di ammodernare il regime precedente, tuttavia anche il sistema centralistico del Regno, irriguardoso della tradizione locale fu poco gradito dalla popolazione in particolare per la rigida fusione dei comuni e la perdita di ogni loro potestà decisionale.
Regno d'Italia, Dipartimento dell'Alto Adige Distretto II Cantone di Denno, Comune di Torra
I distretti amministrativi impostati dal Governo bavarese (Tratto da: Lia de Finis, Percorsi di storia trentina - pag. 196)
12 febbraio 1818 Nomina d'un attuario
Felice Melchiori (1934-1923) fu sindaco di Tuenetto nella seconda metà dell'800
Nel 1815, in seguito alle disastrose sconfitte di Napoleone, l'Austria tornò a esercitare il potere esecutivo sul territorio trentino riunendolo in un’unica provincia denominata Tirolo (Land Tirol) con sede in Innsbruck. La provincia tirolese fu suddivisa in sei capitanati due dei quali nel Trentino (Trento e Rovereto). Il nuovo ordinamento prevedeva una Dieta che era composta di 52 membri eletti sulla base degli ordini sociali e cioè clero, nobiltà, cittadini e contadini (al Trentino spettavano tre rappresentanti del clero, due per le città, due per i contadini; la nobiltà eleggeva i propri deputati senza riferimento al territorio). I capitanati di Trento e Rovereto erano suddivisi a loro volta, rispettivamente, in 21 e 14 giudizi distrettuali. I compiti del Capitanato in sintesi erano la sorveglianza sul funzionamento dei comuni e delle pubbliche amministrazioni, poteri sull'ordine pubblico e poteri giudiziari. Nel 1819 furono riordinate le competenze comunali (il nuovo regolamento prevedeva tra l’altro la ricostituzione di 384 comuni che erano stati ridotti a 110 durante l’epoca napoleonica). In particolare furono previste tre categorie di comuni: i comuni di campagna, le città minori (Riva del Garda, Arco e Ala) e le città maggiori (Trento e Rovereto). La Sovrana risoluzione del 20 gennaio 1824 sanciva la suddivisione delle valli di Non e di Sole nei quattro Giudizi distrettuali di Malé, Cles, Fondo e Mezzolombardo. Tuenetto e tutti i villaggi della Pieve di Torra, con l'intera bassa Val di Non furono assegnati al distretto di Mezzolombardo. La tenuta dei registri di stato civile affidata al tempo del governo bavarese e mantenuta dal Regno Italico ai comuni, fu restituita alle parrocchie. Come detto vi fu la ricostituzione di diversi comuni soppressi durante il periodo napoleonico tra i quali anche quello di Tuenetto. L'amministrazione del Comune rurale, caratterizzata da un'economia agricola di sussistenza, era affidata su base elettorale, al Capo comune, a due deputati comunali, un cassiere e un esattore delle imposte. Una vecchia carta datata 12 febbraio 1818 riporta un Pietro Melchiori di Tuenetto convocato per nominare un attuario unico (segretario comunale che teneva i conti) per i comuni della Pieve di Torra. Non sono stati rinvenuti documenti specifici sulla condizione del paese di Tuenetto in quegli anni, e tuttavia è vivissimo nella cultura popolare il ricordo della drammatica carestia che nel 1816 colpì tutto il mondo, segno che anche nella Pieve si patirono le conseguenze di quella catastrofe che viene ricordata come l'an de la fam che portò con sé anche una grave epidemia di tifo petecchiale negli anni 1816 e 1817.
Nel 1849 ricopriva la carica di capo comune di Tuenetto Giovanni Frasnelli che per quest’ufficio percepiva 28 fiorini annuali. Nello stesso anno fu istituito il Capitanato di Cles (in funzione dal 1° gennaio 1850) esso comprendeva il distretto dei giudizi di Cles, Fondo, Malè e, fino al 1906, Mezzolombardo (con Tuenetto). Durante quegli anni oltre alla consueta gestione dei beni comuni, la manutenzione delle strade, il comune di Tuenetto (come tutti gli altri) dovette gestire anche la salute pubblica per via delle ricorrenti epidemie di vaiolo, scarlattina e soprattutto di colera che tante morti provocò in tutto il Trentino nelle due ondate del 1836 e del 1855. A tal proposito a Tuenetto nel secondo contagio si ammalarono 9 persone: 6 guarirono e tre dovettero soccombere al male. Fu secondo solo a Vervò che pagò a carissimo prezzo il passaggio del morbo colerico registrando, in poco più di un mese, ben 74 decessi.
A guidare la comunità di Tuenetto durante tutta la seconda metà dell’ottocento fu Melchiori Felice maestro elementare e stimato amministratore anche di altri comuni. Durante il suo lungo mandato si trovò a gestire importanti congiunture che interessarono il territorio comunale come ad esempio l’insediamento della Miniera san Romedio. Per gli anni che hanno visto Tuenetto e la Pieve di Torra nel contesto della grande guerra, della dittatura fascista e della seconda guerra mondiale rimandiamo al capitolo «Le due guerre mondiali».